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Visualizzazione dei post da aprile, 2009

ADDIO ROTELLA

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Per fortuna il calcio non dimentica. Soprattutto chi ha indossato una maglia con onore e ora si trova discutere col proprio mister partite più celestiali. Nel match di ieri a Bologna, il Genoa non ha dimenticato Franco Rotella, ala destra della gestione Scoglio. Se n’è andato nei giorni scorsi a 42 anni, colpito da una leucemia. Non è un nome che ha lasciato chissà quale impronta nel calcio, eppure lo ricordo bene. Il Genoa giocava a Cesena, e quest’ala destra faceva scintille. Uno a fianco mi chiese chi era. Risposi: “Non mi sembra Ruotolo, non l’ho mai visto”. Scopro così che si chiamava Rotella. Il Genoa vinse una rete a zero, l’anno non me lo ricordo. Mi ricordo però la bella impressione di quel giocatore. Scomparso così prematuramente come altri gialloblù: Fabrizio Gorin, Andrea Fortunato, Gianluca Signorini. Ora sta indagando Guariniello. Chissà che non ci sia qualcosa a legarli, oltre alla maglia indossata.

FRANCO, IL MAGO

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È un personaggio che piace Franco Nero. La prima fila del San Biagio l’ha confermato: tutte (o quasi) donne cinquant’enni. Sensibili al coetaneo, compagno di numerose serate al cinema e alla tv, e al fascino di un uomo a cui non fa difetto l’amor proprio. A Cesena ha presentato il suo “Mario, il mago”. Girato in Ungheria racconta la storia vera di un paesino sconvolto nel 1990 dall’arrivo di un imprenditore italiano di scarpe che delocalizza la sua produzione. Le scarpe per un sammaurese hanno sempre un qualcosa di particolare. Qui si aggiunge dell’altro: il passaggio dal comunismo al capitalismo di una piccola comunità, che inizia a conoscere consumi, diversi modi di produrre e persone dalla cultura nuova. La follia finale della protagonista la dice lunga su quale sia stato lo sconvolgimento. È interessante notare che Nero poco si vede in Italia. Infatti ha raccontato di ricevere ovunque offerte, tranne da noi. Altro caso di fuga di talenti?

LA SPOSA TURCA

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Decisamente bello e forte nei contenuti “La sposa turca”, il film proiettato mercoledì scorso nella sala Gramsci nella rassegna sull’intercultura al femminile. Una storia ambientata in Germania (Amburgo), che ha per protagonisti due turchi: il 40enne Cahit, la 20enne Sibel. Due disadattati sociali che infatti si conoscono in un istituto di sopravvissuti al suicidio: lui vive solo in funzione di alcool e droga; lei non sopporta le rigide convenzioni turche della sua famiglia. Finiscono per sposarsi, anche se non si amano. Ma la storia e la convivenza finisce per farli incontrare per davvero: nel cuore e nello spazio (a Istambul). Orso d’Oro a Berlino nel 2004, è un film sul difficile modo di vivere in terra straniera. Non è una pellicola a sfondo sociale, bensì introspettivo. Racconta il male di vivere non esclusivo appannaggio dell’Occidente, testimonianza che tutto il mondo è paese anche nei suoi dolori.

BREVE FIACCO RITORNO

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È la prima volta che leggo un libro di Mignon Good Eberhart. E devo dire che non mi ha suscitato un grande entusiasmo. “ Breve ritorno ”, uno dei classici proposti in edicola da Repubblica, ha il limite della scontatezza. Della suspense a comando, incapace di suscitare quello scatto di interesse che per un romanzo giallo è vitale. La storia è quella di tre ragazze (due sorelle e una cugina voce narrante) felici nell’essersi rifatte una vita dopo la morte di Basil Hoult (marito di Alice, una delle due sorelle). Tranquillità e agiatezza economica scandiscono i loro giorni fino a quando non ricompare in vita colui che si pensava morto, appunto Basil. Si tratta in realtà di un “breve ritorno” perché dopo poche ore viene trovato morto a due passi da casa. Chi è l’assassino? Spuntano le ipotesi, la polizia indaga, gli intrighi amorosi si infittiscono. Insomma, il solito plot con un po’ di fiacca in più. Non certo degna del miglior giallo che si rispetti.

DIRITTO PUBBLICO E PRIVATO

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Uno dei personaggi più pubblici del mondo può silurare qualcuno perché ha reso pubblico un qualcosa? Capita anche questo. E ancora una volta nella mitica Inghilterra. Anche se gli attori sono un italiano (Briatore) e un portoghese (Paulo Sousa). Il primo è il presidente dei Qeens Park Rangers, il secondo ne è stato l’allenatore. Fino a pochi giorni fa, prima di essere esonerato per «aver divulgato informazioni confidenziali e riservate», la motivazione. Che abbia rivelato qualcosa di segreto sulla Renault, o su presunti schemi? No. Sousa si è lamentato a voce alta perché la società ha ceduto l’attaccante Dexter Blackstock al Nottingham senza essere stato informato. Briatore – sei allenatori in due anni – gli ha ricordato che i panni sporchi si lavano in casa. Mica come quelli della Gregoracci, quelli sì rigorosamente pubblici. D’altronde vuoi mettere il completino col pizzo della bella Elisabetta con la tuta sudata di un Sousa qualsiasi?

AMNESIE INGLESI

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Mentre il mondo del calcio è unito nel levare alto il grido di dolore per l’abbandono di Adriano (perché poi compatirlo, mica glielo ha detto il dottore di giocare?), in Inghilterra hanno deciso di spararle grosse. Dimenticando aplomb e sportività di cui vanno fieri, un parlamentare europeo (Richard Corbett) ha raccolto 10mila firme. Nessun disegno di legge all’orizzonte ma la richiesta all’Uefa di consegnare al Leeds la Coppa delle Coppe del 1973. L’aveva vinta il Milan a Salonicco in una delle finali più brutte che si ricordino (1 a 0, gol di Chiarugi). Secondo il politico ci fu un arbitraggio a senso unico a favore del Milan, tale da far sospettare qualcosa di losco. Ma Corbett, suvvia, perché non sei andato ancora più indietro, magari al 1966, anno di vittoria mundial inglese grazie a un gol fantasma? E a Maradona cosa facciamo, gliela vogliamo tagliare quella mano dopo il Messico? Corbett è Laburista: che sia arrivata anche là la crisi della sinistra?

IL FASCINO DI ALESSIO

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Anche Cesena non ha saputo resistere al fascino di Alessio Boni. Il Caravaggio o il Puccini che tanto piace alle donne. Anche se oltre che bello è bravo. Un po’ come Kim Rossi Stewart. Al San Biagio per il Backstage Festival ha fatto il pieno. Ha parlato di come è diventato attore: faceva il piastrellista a Bergamo, non gli piaceva, vagava insoddisfatto tra una cosa e l’altra, finché a 22 anni è rimasto folgorato a teatro. Ma è parlando del linguaggio che ha dato il meglio: “il modo di parlare oggi cambia velocemente, ogni 6-7 anni. Gassman parlava bene nel ’64, oggi il suo linguaggio sarebbe anacronistico, dovrebbe essere aggiornato. Il problema è che la contemporaneità è troppo veloce, appena l’afferri ti scappa. Siamo bombardati da tante cose che hanno fatto sì che la soglia d’attenzione sia diversa”. E ancora: “Il Grande Fratello non è negativo in sé. Il problema è che c’è solo questo!”. Evvai Alessio.