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Visualizzazione dei post da agosto, 2010

Spezzatino ben digerito

“Sabato, con la formula dell'offerta spezzatino, è iniziato il campionato di serie A, spalmato su tre giornate e su orari differenti. La qual cosa scandalizza i puristi e i nostalgici (la cui sede principale si trova nella redazione radiofonica di «Tutto il calcio minuto per minuto»), ma sancisce in maniera definitiva il trionfo dello studio sullo stadio, ovvero della partita vista in tv su quella vista con i propri occhi allo stadio. Scrivo queste note con un certo rammarico: sentimentalmente sono fermo al Filadelfia (ormai un cumulo di macerie), sono cresciuto con i giocatori che indossavano maglie senza sponsor (l'anno in cui il Toro ha sfregiato il granata con la scritta «Talmone» è finito per la prima volta in B) e con la numerazione che andava dall'1 all'11; ho persino nostalgia del libero, del mediano di spinta e del tornante. Ma i tempi cambiano e ora bisogna prendere atto che lo stadio non è più un luogo d'elezione, non rappresenta più una festa”. (Aldo Gra

Povera Martina

“Ibra è del Milan perchè voleva cambiare, lo facciamo tutti, con mogli e mariti, ogni tanto servono nuove sensazioni” (Alessandro Costacurta, La Stampa 30 agosto 2010)

Quattro gatti allo stadio

“Da almeno 25 anni sento ripetere la solita frase: «I facinorosi sono quattro gatti, li conosciamo tutti». Se è così, perché non li avete presi? Se non è così, come mai con gli infiltrati e un buon lavoro di intelligence sono state sconfitte le Brigate rosse e invece non si pianta un chiodo con le brigate da stadio? E come mai negli stadi continua a entrare di tutto, se c’è un doppio filtraggio di polizia e steward? Fossi un ultrà responsabile e riflessivo, anziché tirare molotov od organizzare casini fuori dallo stadio, ci farei una croce sopra. Basta con le partite”. (Gianni Mura, Repubblica 29 agosto 2010)

IL NO DI TOTO'

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“«Preferisco essere il primo qui, che il secondo a Roma»: non lo disse Burdisso ma Giulio Cesare, e c’era da capirlo (tutta tattica, comunque). Ma se Antonio Di Natale detto Totò, bravo diavolo di centravanti di anni trentatré, già orgoglioso di indossare delle maglie di Empoli, Iperzola, Varese, Viareggio, ancora Empoli e Udinese – senza offesa, non proprio il Real Madrid e il Manchester – un bel giorno (ieri) annuncia «preferisco essere il primo a Udine, e non andare per niente alla Juve», allora viene da pensare che il mondo sta camminando sulle orecchie. Forse”. (Maurizio Crosetti, Repubblica 27 agosto 2010)