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Visualizzazione dei post da marzo, 2009

LE ARGUZIE DI PERRY

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Interessante l’iniziativa di Repubblica che ha deciso di ripubblicare i primi gialli della collana Mondadori. Un’immersione nella buona lettura, sempre che il genere sia di gradimento. Di recente ho letto “Perry Mason e l’avversario leale” di Erle Stanley Gardner. Lo scrittore americano è l’inventore del celebre avvocato indagatore, reso famoso grazie a un telefilm di successo. La storia è semplice. Due sorelle (Margherita e Carlotta Faulkner) con un’azienda di vivaistica di fiori vengono insidiate dal loro principale concorrente (Arrigo Peavis), che non si fa scrupolo nel voler acquisire la loro catena di negozi. Peavis, sfruttando la debolezza nel gioco del marito di Carlotta e attraverso alcuni amici fidati, riesce ad avvicinarsi al pacchetto azionario di maggioranza dell’azienda Faulkner. Nel mezzo ovviamente c’è un omicidio, tanti indiziati e la risoluzione del problema grazie a Perry Mason. Una storia semplice ma non per questo una storia banale.

L’EUGENIO NAZIONALE

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Maglione verde, barba bianca accompagnata dal solito occhiale, incedere lento, estremamente ragionato. Eugenio Scalfari è un’autorità nazionale, Cesena ha risposto a dovere al Palazzo del Ridotto (a proposito, audio pessimo!). Doveva presentare il suo ultimo libro, “ L’uomo che non credeva in Dio ”, in realtà ha raccontato un po’ di tutto. Difficile non rimanere affascinati da una personalità che ha fatto la storia del giornalismo militante. Uno oggi preoccupato perché “l’opinione pubblica non esiste più”, e perché “è l’indifferenza che ammazza”. Aggiungendo, laconico: “oggi anche parte della sinistra è indifferente”. Ha ricordato i meriti del Pd di Veltroni – “ha raggiunto il 33% con un partito nato in pochissimo tempo, e che praticamente non esisteva” – lanciando una stoccata al nemico di sempre, sir Silvio, “ha l’adorazione della propria immagine”. Impossibile dargli torto.

AUGURI TRAP

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Il suo sacco da tempo porta con sé quel famoso gatto. Quello che gli ha donato sette vite come ai felini. Mister Trapattoni compie oggi 70 anni. Non li festeggia da pensionato, ma sulla panchina dell’Irlanda prossima avversaria dell’Italia. Un simbolo del calcio, accusato di strenuo difensivismo, paradossalmente tra i primi allenatori global del pianeta (10 scudetti vinti in quattro stati). Il suo Strunz ha fatto il giro del mondo, così come i fischi con le dita, e le sue celebri frasi (“Sia chiaro che questo discorso resta circonciso tra noi”). Malgrado abbia vinto tanto due i rammarici: la bruciante sconfitta ad Atene contro l’Amburgo nel 1983 (due anni dopo vinse a Bruxelles, ma quella fa storia a sé); il flop con la nazionale italiana, con l’arrivo dell’altra Corea. Per il resto una carriera internazionale da urlo: 1 coppa delle Coppe, 1 Campioni, 1 Intercontinentale, 3 Uefa. Scusate se è poco.

C’ERA UNA VOLTA ENYINNAYA

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È stato una delle tante “scoperte” dell’Inter. Lo avevo lasciato al dicembre di dieci anni fa con la maglia del Bari, dove aveva fatto il fenomeno insieme al giovane Cassano. Risultato: Bari 2 - Inter 1. Il suo nome è Ugo Enyinnaya. Nigeriano, forza della natura, una delle tante promesse del calcio finito nel nulla. Di lui avevo perso le tracce, anche se al bar quando si parla di signori nessuno “scoperti” dall’Inter il suo nome spesso ricorre. Lo ha rintracciato l’inserto Sportweek che gli ha dedicato una bella intervista (“Io che potevo essere Cassano”). Adesso gioca nell’Anziolavinio in Eccellenza. Prima ha fatto il giramondo: dopo Livorno e Foggia, è andato in Polonia dove ha giocato senza prendere lo stipendio. Racconta che lo sbaglio più grande della sua vita è stato fidarsi di procuratori disonesti: poteva avere un contratto di 3 anni in Ungheria, gli dissero che gli avrebbero trovato di meglio. In realtà l’hanno abbandonato. Il calcio purtroppo è anche questo volto oscuro.