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Visualizzazione dei post da dicembre, 2009

Ma sono campioni?

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E adesso chi glielo va a spiegare agli operai. Che i campioni per cui hanno lavorato guadagnano fior di milioni. Non briciole, numeri a sei zeri. E loro, oltre a farsi il mazzo nella catena di montaggio, sentono sulla loro pelle la beffa: cassa integrazione e/o licenziamenti. Schumacher va alla Mercedes con uno stipendio di 7 milioni di euro (si dice che in realtà siano il triplo), la produzione della Classe C vira in America. Gli operai sono in subbuglio. Idem da noi: Valentino Rossi porta a casa titoli e superstipendi, 66 operai della sede italiana della Yamaha a Lesmo (due chilometri da Arcore, ma nessun videomessaggio) sono in cassa integrazione. Per scongiurare il licenziamento hanno passato il Natale sul tetto dell’azienda a meno dieci gradi. Hanno cercato the Doctor per ricevere un gesto di solidarietà: “il campione si è fatto negare” (Unità 22.12 – Corsera 23.12). Sul tetto dello stabilimento avevano messo uno striscione: “Che spettacolo”. Campioni si può essere anche fuori dai

Più che multe, briciole

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Viviamo di cifre e ogni cosa ha un suo prezzo. Siamo o non siamo nella società dei consumi massificati? Solo che nel calcio dei milionari quando si parla di ammende inflitte alle società sembra che il tempo si sia fermato alle lire degli anni Cinquanta. Le ultime dai palazzi dei giudici sportivi: al Napoli 15 mila euro per il laser a Sorrentino, portiere del Chievo (incasso della partita quasi 600 milioni di euro!). Peggio ancora in casa Juve: per reiterati cori razzisti contro Balotelli – neanche in campo – un’ammenda di 10 mila euro. Siamo alle briciole. Con l’aggravante che un raggio laser sanziona più di un “Se saltelli muore Balotelli”. Ma peggio di tutti è andata al Potenza in prima divisione. 7500 euro per cori razzisti nella partita contro il Giulianova. Sanzione giusta, vista la gravità. Solo che quella cifra è il doppio dell’incasso del pomeriggio. A Torino manco se ne accorgono di un ammanco di 10mila euro, a Potenza no. Domanda spontanea: qualcuno ha mai pensato di alzare l

Sopra la panca...

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Per fortuna che è stato l’anno della crisi economica. L’anno dove un allenatore bastava e avanzava, causa contenimento dei costi. In realtà, 10 panchine saltate su 18 se non sono un record poco ci manca. Col conteggio che rischia di essere per difetto vista la traballante situazione di Ferrara e Ballardini. Ma se un tempo erano in prevalenza le piccole a rendere indigesto il panettone, ora anche le medio-grandi si adeguano: Roma, Napoli, Udinese e Palermo (questa fa storia a sé, c’è Zamparini). Con vittime anche illustri, Spalletti e Donadoni su tutti. Il problema è che all’estero ci stanno copiando. Quando si dice del “made in Italy”. Dopo l’esonero di Simoni all’Inter, dopo una vittoria sul Real Madrid, pensavo di averle viste tutte. Mi devo invece ricredere. Il Mancester City ha fatto fuori Mark Hughes vittorioso contro il Sunderland. Al suo posto lo sceicco Mansour ha scelto Roberto Mancini. Giusta scelta: uno sceicco s’intende meglio con un nababbo (vedi stipendio faraonico incass

Crisi della Juve, crisi di Torino

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Si parla tanto della crisi della Juventus. È inevitabile, non ne eravamo abituati. Dopo la discesa negli inferi della B, la resurrezione sembrava cosa fatta. Così non è stato, almeno per ora. I cugini del Torino non se la passano meglio: hanno speso tanti soldi per vedersi a metà classifica tra i cadetti. Ma attenzione: questa non è solo la crisi di due squadre, ma di una città e di un modello. Di una Fiat che a fatica rialza la testa ed è costretta a chiudere Termini Imerese. Di un sindaco, Chiamparino, quasi emarginato dai compagni del Pd. E di uno schiaffo che le sta arrivando in pieno volto: la candidatura del leghista Roberto Cota, che per chiarire ha criticato il Risorgimento per come ci è stato insegnato a scuola. Quasi un affronto per una regione che ha dato i natali alla destra cavuriana (liberale, non populista). I fasti delle Olimpiadi 2006 sembrano lontani. Così come lo spirito sabaudo, sommerso di cori razzisti nella curva intitolata alla correttezza del calcio (Scirea). S

Un mister in jeans e maglietta

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Per Alberto Malesani, mister del Siena, è tutta una questione di stile. Se giri in giacca e cravatta fai carriera, se vesti jeans e maglietta dura sfondare. E i risultati, si chiederà qualcuno? Vengono dopo, lo stile prevale. “Non sono un allenatore da giacca e cravatta. Nel calcio italiano la forma conta quanto i risultati. Eppure in altre parti del mondo è diverso. Negli Stati Uniti i più grandi manager indossano blue-jeans e scarpe da ginnastica. Da noi la frase classica è: “E’ bravo ma non ha lo stile da grande club”. Pazienza, continuerò a indossare jeans e scarpe da ginnastica” (Gazzetta 19.12.2009). Colpa del suo vestiario, quindi, l’esonero a Parma nel 2001, la retrocessione in B col Verona nel 2003, l’esonero a Modena l’anno dopo, e le due annate magrissime a Udine (subentrato a Galeone) e Empoli (arrivo a stagione in corso al posto di Cagni, poi richiamato). Arrivato a Siena ha detto: “Siamo animali da guerra, ho vissuto ambienti molto più caldi” (Unità 25.11.2009). Era vesti

Un Paese poco normale

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La sera prima una persona accende la tv, si sintonizza su La 7, vede “Operazione off side” e si chiede: “ma in che mondo ha navigato (o sta navigando) il calcio?”. Il giorno dopo riaccende la principale madre dei mali calcistici, la tv, va su Italia 7 Gold (galeotto quel 7) e chi si trova davanti? Il protagonista indiscusso della sera prima, Moggi. Non in veste di imputato – i giudici ci insegnano che i processi si fanno nei tribunali – ma di OPINIONISTA. Quello che commenta, dà pareri, giudica i comportamenti. Il cortocircuito è totale. Non solo la politica non espelle le persone di dubbia moralità (no, i trans di Marrazzo qui non c’entrano), la tv non è da meno. In attesa del processo penale di Napoli, Moggi è stato condannato dalla giustizia sportiva per 5 anni con proposta di radiazione. In una società sana uno così scomparirebbe, quanto meno per la vergogna. In Italia va tranquillamente in tv, scrive su Libero , viene ascoltato…

“Operazione off side”

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Lascia il segno “Operazione off side”, la ricostruzione su Calciopoli andata in onda ieri sera su La 7. Ma lascia ancor più il segno il dibattito che ne è seguito tra Beha, Cucci, Bucchioni, Mughini, Della Valle. A parte i primi due più possibilisti, per gli altri Calciopoli è stata solo una montatura che ha colpito uno solo: il povero Moggi. Il filmato è il punto di vista dell'accusa, è evidente. Nessuno in studio, però, che ponesse alcuni “inspiegabili” interrogativi: perchè Moggi dava telefoni non intercettabili con utenze svizzere (e relative ricariche) ai designatori Bergamo-Pairetto? Cosa intendeva Lotito quando lasciava trapelare una possibile combina chiesta da Della Valle? Perchè Collina si vede con Galliani di nascosto nel locale di Meani il giorno di chiusura? Perchè due poliziotti vanno a prendere Moggi all'aeroporto e lo scortano in un locale? La tv non è un tribunale, d'accordo. Chi fa il giornalista però queste domande se le deve porre.

Dirigenti da cartellino rosso

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Il calcio è bello per i diversi punti di vista. Una volta c’era il Bar Sport, oggi anche il web. In questi giorni si fa un gran parlare del silenzio di Mourinho. Anche quando se ne sta zitto tiene banco. Se poi invece di parlare è protagonista di un vivace diverbio con un giornalista, evidente che a dettare l’agenda sia sempre “Special ou”. Nessuno invece che abbia criticato le dichiarazioni del suo secondo, Beppe Baresi. L’Inter gioca a Bergamo una prova opaca, lui con chi se la prende? Con l’arbitro, colpevole di avere espulso Sneijder per due ammonizioni giustissime (secondo me). “La seconda ammonizione ha condizionato il resto della gara. E' l'unico fallo fatto da Sneijder nelle ultime partite (la prima ammonizione era stata per proteste, nda). Un fallo a centrocampo, che non creava nessun problema. Considerato che era il secondo giallo l'arbitro poteva lasciare correre benissimo… Peccato, perchè la squadra meritava la vittoria”. Evviva la sportività.

Nostalgia tatuata

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Un tempo era il marchio di una tribù, quella dei carcerati. Oggi è divenuto uno status symbol. Così va il mondo, i tatuaggi si adeguano. Qualche tempo fa una copertina di Sportweek aveva fatto specie: il riminese Matteo Brighi era ritratto a petto nudo, senza niente d’inchiostro addosso. L’anticonformismo vive anche di piccoli gesti, il suo ne era un esempio. Tutto il contrario di Antonio Mirante, 26 anni, portiere del Parma. Lui li mette in mostra e se ne vanta: “Ho quattro tatuaggi, questo in particolare (sul braccio sinistro, nda) mi aiuta a non sentire la nostalgia. I miei genitori vivono a Castellamare di Stabia” (Gazzetta dello Sport, 12.12.2009). Il calciatore oggi dice di tutto di più (stupidaggine più e/o meno), il lettore registra senza batter ciglio. Anche quella della lontananza da casa che oggi si batte con un tatuaggio o con lo “you and me” di Vodafone. Giulio Onesti parlava di “ricchi scemi”, riferendosi ai presidenti. Mi sa che oggi sono da un’altra parte.

Eroi in casa d'altri

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“Non so se lo rifarei”. Amarissime la parole di Bepi Pillon mister dell’Ascoli, che ha ordinato ai suoi di far segnare la Reggina. Tifosi, presidente e commentatori di 90° minuto si sono scagliati contro, il mondo del calcio e addirittura il New York Times l’hanno applaudito. Sono certo che se il gesto di Pillon l’avesse fatto qualche altra squadra, presidente e tifosi dell’Ascoli avrebbero elogiato il fatto. Da noi siamo tutti sportivi, purché in casa d’altri. Un po’ come un napoletano testimone d’un omicidio di camorra: il napoletano s’adegua all’ambiente omertoso, tutta l’Italia condanna, ma se fosse stata al suo posto avrebbe fatto altrettanto. Belli gli eroi ma a debita distanza. L’omicidio Ambrosoli insegna. Ma erano gli anni ’70. Vogliamo fare un atto di coraggio? Bene diciamo le cose col loro nome: se uno simula diamogli chiaramente del disonesto. Henry contro l’Irlanda? Disonesto patentato. Balotelli che riceve una gomitata in petto non in volto? Disonesto senza attenuanti. Ca

Evviva la Provincia

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Nel giorno del fair play dell’Ascoli in B (chissà cosa avrebbe detto Rozzi?), abbiamo assistito a uno degli spettacoli più brutti della storia del calcio: Juve – Inter. Vince la Juve, forse ha giocato meglio, perde il calcio, ormai ci siamo abituati. Emozioni col contagocce, gioco fallosissimo, mister che fa polemica (applaude) per una punizione quasi a metà campo (che stile Mourinho!), ciliegina con rissa in campo e cori da sesto mondo (neppure il terzo ne è degno). Il calcio italiano è questo, meglio rassegnarsi. E soprattutto non stupirsi perché appena si va oltre confine si fanno figuracce. Il bel gioco e il divertimento stanno in provincia, a Chievo (lo stipendio di Eto’o vale l’intera rosa), Parma, Bari, Genoa, a volte Napoli. Aggiungo, per tifoseria, Cesena. Al Frosinone ieri ha rifilato quattro pappette. A un certo punto pensavo di essere al Nou Camp, ero “solo” al Manuzzi. Giaccherini, carriera tra Forlì e Bellaria, mi pareva Messi. Per favore, dimentichiamo Balotelli.