Post

Visualizzazione dei post da maggio, 2009

MORATTI DOUBLE FACE

Immagine
L’Inter stappa bottiglie di spumante per il 17° scudetto conquistato. Tra i più meritati, tra i meno memorabili. Rimarrà più per le esternazioni di Mourinho che per il gioco in campo (mediocre al massimo). Ma tanto basta per mandare in visibilio il suo presidente, al terzo (non quarto) successo di fila dopo anni di delusioni e fegati ingrossati. Chissà che preso dalla bolgia dei festeggiamenti Moratti non decida di pagare la multa di 1500 euro che il giudice di pace gli ha inflitto per cori razzisti a San Siro contro il Napoli un anno fa. Per ora si è rifiutato. Strano tipo Moratti: fa l’antirazzista quando si tratta di Balotelli, non quando la sua curva espone uno striscione sul Napoli “fogna d’Italia”; sostiene Emergency e sperpera fior di milioni in brocchi patentati; fustiga il Moggi che aveva avvicinato per ingaggiare; fa il petroliere ma dice di essere ecologista. In psicologia si chiamerebbe schizofrenia. Nel calcio profilo di un uomo vincente.

BORGHI FOLLI

Immagine
Sempre a proposito di arbitri, il Borghi ha totalizzato un guinness: ben 54 mesi di squalifica. Questo per una giornata di ordinaria follia, domenica scorsa nello spareggio contro il Corpolò. In palio il salto in Prima categoria. I riminesi si impongono 2 a 1 ai supplementari. Al termine succede il finimondo. Il dirigente che doveva “difendere” l’arbitro (in gergo, addetto all’arbitro) colpisce il guardialinee con un pugno (per fortuna che doveva fargli da scorta!): 2 anni di squalifica (un po’ pochini). Un giocatore spintona sempre il guardialinee, lo insulta e gli getta in faccia la maglietta: un anno (pochino anche qui). Altri due giocatori non sono da meno, sette mesi. Il presidente della squadra dice, “abbiamo sbagliato ma la colpa è tutta degli arbitri: erano in malafede”. La domanda ora è una: adesso questa gente cosa farà la domenica? Niente più calcio come valvola di sfogo (e di frustrazione). Povere mogli, adesso tocca a voi!

ABBASSO GLI ARBITRI

Immagine
Finale di Coppa Italia. Squadre inedite, quanto mediocri nello spettacolo offerto. Vince la Lazio ai rigori, perde un certo modo di intendere il calcio. Soprattutto in chi lo racconta. La telecronaca del duo Cerqueti-Bagni è l’emblema di quanto in basso sia caduto questo sport. Inizia la partita Campagnaro (Sampdoria) cerca di rifilare una gomitata a Foggia (Lazio): per il cronista è colpa dell’arbitro (Rosetti) che non vede il gesto e non espelle il giocatore. Campagnaro se la cava con “è un combattente”. Altri scontri a metà campo: la colpa è sempre dell’arbitro che non li sanziona nel giusto modo. Verso la fine la chicca: presunto rigore per la Lazio, Delio Rossi entra in campo (a partita in corso) di alcuni metri, i telecronisti sorridono per l’accaduto: ben gli sta all’arbitro che non ha sanzionato il presunto rigore. Di appellativi di inciviltà a Rossi, nessuna traccia. Un calcio che vive solo di cronache arbitrali è uno sport povero. I suoi cronisti ne sono lo specchio.

IL FASCINO DEL RIVOLUZIONARIO

Immagine
Merita di essere visto il film di Soderbergh dedicato al Che. Suddiviso in due pellicole (l’argentino e guerriglia), ho visto il secondo. Racconta il periodo più difficile di Guevara, quello della guerriglia in Bolivia, terminato con la sua morte. La bellezza del film sta nel non cadere nella scontata visione mitologica, classica figurina leggendaria divenuta addirittura gadget commerciale. Soderbergh dà una visione umana del personaggio, col suo carisma ma anche con le sue debolezze e la sua solitudine. Ne vien fuori un personaggio animato da forti ideali rivoluzionari e convinto assertore della guerriglia, incapace però di capire una popolazione contadina che di lotta non ne vuole sapere. L’appoggio dato dai contadini ai militari boliviani ne è l’emblema. Il fascino del Che, però, rimane intatto: poteva adagiarsi sugli allori e sui successi di Cuba, ha preferito una vita tutta dedita agli ideali. La storia ne annovera pochi di personaggi così.

RAZZISMO ALL’ITALIANA

Immagine
D’ora in poi andare allo stadio e urlare “sporco negro di merda” sarà più facile. L’importante è non farlo troppo spesso, sennò arriva la recidività. La sentenza dell’Alta Corte del Coni non dice proprio questo, la sostanza però non muta. La razzista-story è questa: pesantissimi cori contro Balotelli, un turno di squalifica al campo della Juve, e, con grande lezione di stile bianconero, ricorso della società. Risultato: le porte prima chiuse, ora vengono riaperte. Una sentenza sconvolgente. Che conferma ancora una volta il concetto di giustizia da azzeccagarbugli in Italia. Se un segnale forte lo si voleva dare, è arrivato: ma nella direzione opposta del buonsenso. Anche se era difficile aspettarsi qualcosa di buono da questo calcio che butta a mare la serie B (è nata la Premier italiana) per papparsi tutti i 900 milioni di euro dei diritti tv. D’altronde cosa vuole questo Treviso che fa un intero campionato con 16 milioni di euro, stipendio di un solo giocatore dell’Inter?