Post

Visualizzazione dei post da 2020

Che bello Bordelli

Immagine
Confesso di avere un debole per Franco Bordelli, il commissario nato dalla penna di Marco Vichi. La scintilla è scoccata sin dal primo romanzo, “ Il commissario Bordelli ”, letto casualmente una quindicina d’anni fa. Da allora non ho fatto altro che proseguire di volume in volume senza una logica apparente. L’ultimo è di queste festività natalizie, “ L’anno dei misteri ”, letto in ebook e ambientato nel 1969. In un genere poliziesco contrassegnato dall’ hard boiled , fatto di duri e violenza spesso tendente al pulp, Vichi ha scelto la strada più soft, giocando sulla psicologia del protagonista nel contesto di una Firenze anni ’60 tra ricostruzione, proteste giovanili ed eventi cronaca (l’esondazione dell’Arno la più eclatante). Bordelli è un personaggio della strada che fa una chiara scelta a favore degli svantaggiati. Per amici ha una ex prostituta sua confidente e suo rifugio, senza rapporti intimi. Un ex scassinatore (Ennio) a cui chiede favori per indagini di polizia. Un genial

Un’ultima stagione da esordienti, Cavina

Immagine
Ho riletto con molto piacere il libro di Cristiano Cavina , “ Un’ultima stagione da esordienti ” (Marcos Y Marcos). In un momento come questo penso sia un toccasana per chi ama il calcio. Al di là degli interessi economici che muove, il calcio è soprattutto partecipazione condivisa, un’emozione che oggi pare venire a meno (almeno per me) per la desolazione degli stadi vuoti unita al quotidiano degli obitori pieni. La storia raccontata da Cavina è come un ritorno alle origini del pallone. Ai campetti fai da te, alle storie di paese con personaggi caratteristici che affollavano lo stadio nel fine settimana. La partita del sabato era un rito collettivo che univa la comunità, anche se in campo scendevano dei ragazzini. I tremila abitanti di Casola Valsenio vedevano nelle sorti della squadra un momento di identificazione di gruppo in paesi dove ci si conosceva tutti e le alternative erano poche. Nell’Italia della boria degli anni ’80 del terziario avanzato, c’erano ancora queste sacche di

L’ultimo rigore di Faruk, Riva

Immagine
L’ultimo rigore della Jugoslavia, Romagna Gazzette dicembre 2020  Racconta l’autore che incontrando per caso su un aereo Diego Maradona e avvicinato per una intervista, il calciatore gli rispose: “Occupati di politica internazionale, il calcio è una cosa troppo seria”. Fortuna ha voluto che Gigi Riva - non “rombo di tuono” ma il giornalista adottato da Santarcangelo di Romagna - abbia disatteso il consiglio del campione e scritto un libro che non solo merita di essere letto ma di finire bene in vista nella propria libreria personale. “ L’ultimo rigore di Faruk ” (Sellerio editore) è decisamente un volume da annoverare tra i più belli degli ultimi tempi, un po’ perché è scritto come un romanzo, un po’ perché mette insieme due tematiche affrontate sì da tanti ma da un’angolazione diversa: calcio e geopolitica. In genere quando i due temi vengono affiancati si parla di dittature, di regimi dispotici che utilizzano lo sport quale leva di propaganda, dai regimi fascisti primi a farlo,

Giovanissimi, Forgione

Immagine
Sono pochi gli squarci di luce nel mare in tempesta dipinto da Alessio Forgione nel romanzo “ Giovanissimi ” (Enne Enne editore, 2020). L’età dei 14 anni è un viatico per tutti, un crocevia che può prendere le direzioni più diverse: autostrade piane come un tavolo da bigliardo per traguardi di sicuro avvenire, o asfalti irti di buche come il caso della storia al centro del racconto. Si svolge in un quartiere di Napoli, Soccavo, protagonista è Marocco (è il suo soprannome, Pane lo chiamano solo gli insegnanti a scuola), uno che col pallone ci sa fare, coinvolto però in un gioco più grande di lui: le difficoltà della vita. Che nel suo caso hanno il volto della madre che a un certo punto se ne va di casa dopo l’ennesimo litigio col padre e non dà più riferimenti all’adolescente. È l’inizio di un tunnel che si fa sempre più buio: la scuola frequentata come se non ci fosse, il rapporto col babbo fatto di silenzi e risolto in schiaffoni, il gruppo di amici che a volte degenera nell’illegali

Tutte le strade portano a Genova, Di Tillo

Immagine
 "Omicidi nella Geova calcistica", Romagna Gazzette novembre 2020  Tre persone uccise da un'unica mano che lascia un segno inconfondibile, un orsacchiotto con indosso la maglia di alcune squadre di calcio: Genoa e Sampdoria, in perfetta par condicio , nel caso di due donne ucraine; la più sconosciuta dell’Odessa nel cadavere trovato in Ucraina. Non è un romanzo sul calcio, quello di Marco Di Tillo “ Tutte le strade portano a Genova ” (Fratelli Frilli editori), il pallone però lo interseca in diverse occasioni. Sarà perché il cuore del racconto è in quella Genova dai vicoli stretti, crocevia di culture e di merci con il suo porto che fece transitare i primi immigrati del pallone ben oltre un secolo fa.  Una città dal doppio volto, intrisa dalla rivalità eterna tra due squadre dal ricco passato, già al centro di un romanzo diversi anni fa con Claudio Paglieri (“ Domenica nera ”) che ben prima delle inchieste svelò il vaso di pandora di calciopoli. In quell’occasione a inda

Conti, Paolo

Immagine
"Il gentleman che sbarra la porta”, La Voce 8 marzo 2010 Paolo Conti a tutt’oggi è il portiere della Romagna col maggior numero di presenze in maglia azzurra. Più di Kamikaze Ghezzi, più del recordman Sebastiano Rossi. Rispetto a entrambi, nelle squadre di club, ha vinto molto meno, “colpa” di una Roma dalle annate piuttosto magre e dalle rose da metà classifica. Bearzot l’aveva designato a erede di Zoff nella Nazionale, dopo l’opaca prova del friulano nel mundial argentino. Un infortunio al ginocchio ha spezzato il sogno di Conti, così come l’idillio in terra romana, costretto ad emigrare per altri lidi. Il ricordo che avevo del riccionese era quello delle figurine Panini: fisico asciutto, baffi in bella evidenza. Così era un tempo, così è rimasto oggi. Lo incontro nel suo ufficio a Riccione, sua terra natale. Si occupa di management nell’ambiente calcio. Tracce di pallone però non ne vedo: di coppe, gagliardetti e fotografie nessun segno. Parlata elegante, senza nessuna infles

Gioco pericoloso, Genisi

Immagine
“Gioco pericoloso”, Romagna Gazzette ottobre 2020  Città che vai, miti che trovi. A Napoli guai a toccare la triade Maradona-San Gennaro-squadra di calcio. A Bari due totem su tre hanno il comune denominatore (calcio e santo), l’unica variabile è la terza di carattere gastronomico: San Nicola-cozze crude-squadra di calcio. Il mondo in cui viviamo sarà pur sempre più tecnologico e virtuale, eppure tradizioni e storia non si cancellano con un click e per fortuna rimangono punti fermi per le generazioni che si succedono. Sono i “punti cardinali” che racconta Gabriella Genisi nel romanzo “ Gioco Pericoloso ” edito da Feltrinelli. Protagonista è il commissario Lolita Lobosco, una donna che piace per le forme generose (viene paragonata alla Ferilli) insieme a tanto sale in zucca, tanto da doversi districare su un terreno a lei poco congeniale: il calcio. Tutto nasce dalla morte a bordo campo di Domenico Scatucci, capitano del Bari, apparentemente dovuta a cause naturali. Il successivo d

Pecci, Eraldo

Immagine
  “Grande calcio giocato di testa”, La Voce di Romagna 5 ottobre 2009   ROMAGNA – Ha giocato con Savoldi e Bulgarelli, Pulici e Graziani, Antonioni e Bertoni, Giordano e Maradona. Basterebbe questo semplice elenco per sottolineare la carriera di Eraldo Pecci . Romagnolissimo nella parlata e nel DNA (è nato a San Giovanni in Marignano), così definito dal Dizionario del calcio italiano (Baldini & Castoldi) curato da Marco Sappino: “sul campo e nella vita, è il cervello il suo muscolo più sviluppato”. Gli leggo la frase, rimane un po’ stupito, e come al solito ci scherza su: “Si vede che quell’autore non mi ha conosciuto bene”. Sarà una delle tante battute, brillante modo di raccontare e sdrammatizzare il calcio, stile che lo ha reso celebre in tv al fianco di Bruno Pizzul. Quando ha capito che avrebbe fatto il calciatore? “Sin da piccolo. Già quando collezionavo figurine la mia mente volava verso i campi sportivi”. I primi calci al pallone? “A Cattolica con la maglia del S

Miss Marx

Immagine
Merita di essere visto Miss Marx per la regia di Susanna Nicchiarelli, presentato all’ultimo Festival del cinema di Venezia. In sala all’Uci eravamo solo in 7, ma questo conta poco ai fini della qualità della pellicola. Conta più constatare come Karl Marx finito nel dimenticatoio, travolto nel fallimento dei regimi comunisti, stia riscuotendo un certo interesse nel cinema, come nel caso de “Il giovane Marx” uscito nel 2017. A cui si aggiunge il capitolo dedicato alla figlia Eleanor. La bellezza della pellicola sta nel miscelare sapientemente l’aspetto pubblico di Tussy (il suo appellativo) insieme a quello privato. Terza figlia dell’economista, a dispetto delle altre sorelle, porta avanti le battaglie socialiste del padre in una Inghilterra nel pieno della crescita industriale con relative ingiustizie sociali. Curiosa e appassionata, fece parlare un suo viaggio negli Stati Uniti a cui seguì un pamphlet sulla condizione degli operai. Di Eleanor si ricordano in particolare le campagne

Non c'è gusto, Mura

Immagine
  " In ricordo di Gianni Mura ", Romagna Gazzette settembre 2020 Si è spesso detto che non c’è gusto a essere intelligenti in Italia. Oppure che non c’è gusto a giocare contro una squadra di brocchi. Ma se davanti hai una persona intelligente e per di più anche fuoriclasse il gusto c’è tutto ed è anche stellato. Gianni Mura è stato entrambe le cose, personaggio snob con la volontà di essere popolare (la frase è di Mario Sconcerti). La penna sportiva di Repubblica , che ha vergato pagine di calcio e ciclismo ci ha lasciati nel marzo scorso, noi lo ricordiamo con un libro che raccoglie l’altra sua grande passione: la cucina.  Detto per inciso, la cucina per come la intendeva lui era tutt’altro che qualcosa di adatto agli stili di vita degli sportivi, basti pensare alle sue passioni, salumi, formaggi, uova, pane bianco e vino, insomma prodotti non proprio wellness. D’altronde è sempre stato in buona compagnia, un altro grande come Gianni Brera, suo maestro, aveva il mito delle p

I milanesi perbene di Scerbanenco ammazzano il sabato

Immagine
Dopo la rosticceria ( vedi post precedente ) avevo bisogno di tornare a gustare qualcosa di buono che mi riconciliasse con il gusto della lettura. Per le mani non poteva capitarmi di meglio se non Giorgio Scerbanenco con il classico “ I milanesi ammazzano al sabato ”. Il contesto è la Milano abbietta dalla prostituzione, dei pappa che non si fanno scrupoli nello sfruttare deboli di qualsivoglia categoria, persino malati di mente pur di fare soldi. La città è il motore dell’Italia del boom economico anni ’60. Scerbanenco scava laddove lo sfavillio non c’è, nel punto ove il benessere arriva solo per lontani echi. “La civiltà di massa ha questo pregio, che ciascuno può annegare liberamente senza che gli altri gli diano fastidio nel tentativo di salvarlo”. È una città che lavora, sempre all’opera, talmente indaffarata da regolare i conti personali con il malaffare il sabato perché gli altri giorni non può permettersi di staccare dall’ufficio. Le brave persone durante la settimana fanno

Se il commissario è un intrattenitore

Immagine
Da sempre la letteratura, o presunta tale, ha annoverato filoni dedicati all’intrattenimento. Storie fini a sé stesse, fatte di sola trama, per tenere vivo il filo di un discorso dalla facile dipanatura. La semplicità di queste storie in genere sta nell’assenza di indagine psicologica dei personaggi e in un dipinto ambientale pari allo zero. È pura storia e basta. Per altri ingredienti passare più tardi, se si trova aperto. In questo genere vanno annoverato numerosi gialli, o polizieschi che si dica: racconti di fatti, spesso senza un nesso apparente e invece concatenati secondo una strana logica delinquenziale. Tra questi vanno inquadrati i romanzi della prolifica Maria Masella . In questi giorni mi è capitato di leggere “ Matematiche certezze ” (Fratelli Frilli editori), scritto a quattro mani insieme a Rocco Ballacchino. La doppia firma sta nell’ambivalenza della ambientazione della storia, tra Genova e Torino. Nella città marinara indaga Antonio Mariani (Masella), in quella sab

Processo ai Vitelloni, secondo me finisce così…

Immagine
Sono curioso di vedere come andrà a finire. I processi li ho seguiti tutti, alcuni erano dall’esito prevedibile, altri un po’ meno. Quello di lunedì, parere personale, è tra i più incerti che ci siano. Se in platea ci sarà un parterre femminile, il risultato sarà per la condanna piena. Se fosse maschile la questione si farebbe più incerta. Tenuto conto che i posti sono la metà degli altri anni, determinante sarà chi si siede e avrà la paletta in mano. Solo due mesi fa quando Miro aveva annunciato il tema non avevo dubbi su come sarebbe andata a finire. A farmi cambiare idea sono stati alcuni articoli usciti sulla stampa a difesa dei Vitelloni. Il più clamoroso è quello di Pupi Avati sul Corriere della Sera, con tanto di richiamo in prima. A seguire quello di Steve Della Casa sul Corriere Romagna. Avati l’ha messa sulla giovinezza spensierata, sulla cultura del tempo che ti imponeva di essere maschio con leggerezza. Della Casa ha fatto un’analisi del film di Fellini con quei Vitello

Bravo Marescotti su Lello

Immagine
Ma quanto è bravo Marescotti. Ancora più bravo in un incontro dalle premesse impari, davanti a un gigante come Lello Baldini. L’attore di Bagnacavallo furbescamente all’inizio dello spettacolo ha messo le mani avanti: “Baldini è uno dei migliori lettori al mondo, confrontarsi con lui è perdere in partenza”. Giusto. Solo che se hai i numeri il confronto lo reggi. E succede come l’altra sera a Cesenatico al Largo Cappuccini (rassegna di Casa Moretti) dove te ne stai due ore ad ascoltarlo e non te ne accorgi. Potevano passare altre due ore e pochi o nessuno avrebbe sbadigliato. Sono diversi gli ingredienti del successo in serate come quelle. Un po’ sono i testi di Lello. Per il 90% strappano il sorriso, ma nel senso pirandelliano del termine: hanno un doppio fondo, fanno riflettere, il tragico non manca. Baldini non ha avuto solo il grande merito di avere nobilitato il dialetto romagnolo in senso culturale, ma lo ha fatto raccontando fatti del quotidiano, frammenti di vita che solo un p

Adalgisa, la lady di ferro

Immagine
Ci sono personaggi letterari che finiscono per prevalere sui loro autori. Il nome del protagonista delle pagine finisce per oscurare chi lo ha inventato. È il caso di Adalgisa Calligaris l’ispettore nato dalla fantasia della brava  Alessandra Carnevali . Mi sono letto d’un colpo i primi tre libri della serie, tutti targati Newton Compton: Lo Strano caso del commissario Calligaris , Omicidio a Villa Rovelli , Il giallo di Palazzo Corsetti . Devo dire che me li sono bevuti a fiatello, come non si dovrebbe fare quando si ha un vino che piace. L’ambientazione è in Umbria nel paesino di Rivorosso. Il commissario è la classica sfigata degli anni giovanili (grassa, bassa, secchiona), divenuta una “leonessa” grazie a una forza di volontà e una tenacia non comuni, che l’hanno vista scalare posizioni nella polizia. Adalgisa è acida, poco incline allo scherzo, pronta alla battuta tranchant, parla poco di sé, ma ha un muscolo sempre in funzione: il cervello. È il classico personaggio che rive

Olivieri, purtroppo dimenticato

Immagine
Ho terminato da poco “ La fine di Casanova ”, terzo libro di una personale trilogia di Renato Olivieri , acquistata per caso in un mercatino dell’usato a Bologna lo scorso novembre. Sotto mano mi sono finiti I l caso Kodra , Villa Liberty e il già citato Casanova. D’un colpo li ho fatti miei e neanche 10 euro e senza trattativa (sotto quei tendoni si sa che si va in contrattazione).  Di Olivieri mi aveva colpito alcuni anni fa la sua “tecnica” di scrittura. Se ne andava tutto solo in un appartamento a Milano e lì, in quel rifugio, scriveva i suoi romanzi. È stato un padre del giallo e come spesso avviene è finito nel dimenticatoio. Oggi che il genere viaggia al ritmo di una pizzeria d’asporto in pieno centro, sarebbe il caso di riscoprire la sua grandezza, e magari risarcire il suo vice commissario Ambrosio dalla pessima performance televisiva interpretata da Ugo Tognazzi parecchi anni fa. Olivieri si inserisce perfettamente nella scuola italiana d’altro profilo del genere: il gia

Il minuto di silenzio, Garanzini

Immagine
"Il minuto di silenzio", Romagna Gazzette Giugno 2020 Non so in quanti ci hanno fatto caso ma negli stadi così come nei palazzetti il silenzio è sempre più merce rara. Un po’ come nelle spiagge dove se non c’è qualcuno che ti popone un po’ di animazione, il luogo viene bollato come “cadaverico”. D’accordo, i luoghi dello sport sono posti affollati, il rumore quindi c’è sempre stato. Magari un tempo c’era lo speaker che leggeva gli sponsor (al Manuzzi di Cesena gli occhiali di Visani sono passati alla storia), prima della gara e nell’intervallo. Negli ultimi anni però l’effetto discoteca prevale un po’ su tutto, dall’annuncio del marcatore alla musica a volume altissimo che mi chiedo spesso come facciano i coach a parlare con i loro giocatori nelle palestre.  Vabbè, tutto sto pippone moralistico d’un cinquantenne d’antan per dire una cosa: non riusciamo a rimanere in pace neppure nel minuto di silenzio, quello che un tempo serviva per pregare o riflettere sul personaggio scomp

Rolling Stone, su Summertime sbagli

Immagine
Non concordo con la stroncatura  di Marianna Tognini su  Summertime di Netflix  ( qui per vedere di cosa si tratta ). La rivista sbaglia perché si approccia in maniera manichea: bello-brutto. Le mezze misure non le ammette. L’errore è tutto qui.  Non concordo con una riviera d’autore raccontata da Fellini, Zurlini e Risi, e un’altra da filmetti come Rimini Rimini ( Rimini Rimini un anno dopo non lo cito per pudore). Mi dispiace, ma non ci sto. Tra i due estremi, così come nella vita, c’è sempre un terra di mezzo, ed è il caso di Summertime . Senza farla troppo filosofica, la serie non è altro che una storia di adolescenti per adolescenti, niente di più. È vero, la trama non eccelle per originalità ma il racconto dei giovincelli in una località turistica come Cesenatico nel pieno dell’estate è poi così diverso dalla realtà? Secondo me no, anzi è più realistico di tante inutili indagini sociologiche che ci invadono e nessuno legge. Le amicizie, gli amori, la musica, il mare… nelle lo

Wasp Network

Immagine
Merita di essere visto Wasp Network il film di Oliver Assayas uscito in questi giorni su Netflix. Presentato lo scorso anno al Festival del Cinema di Venezia, la storia si basa sulla mitizzata vicenda dei “cuban five”, cinque personaggi infiltrati dai castristi nelle organizzazioni eversive di esuli a Miami.  L’impero sovietico è crollato, la forte lobby con base nella città della Florida pensa sia giunto il momento di una spallata al regime comunista. Dà così inizio a una serie di azioni terroristiche per mettere in ginocchio il turismo, tra le principali voci della bilancia commerciale cubana, senza farsi scrupolo di trafficare con droga e arruolare mercenari per arrivare allo scopo. Non conoscevo la storia e neppure il film di cui devo ringraziare Il Venerdì di Repubblica che ha dedicato una intervista al regista (“Le spie che vennero dal caldo”). Evidenti le complicità del governo americano, molto sensibile al peso elettorale della lobby cubana negli States. Ma al di là

Amarcord bianconero, Ferrero

Immagine
"Amarcord Bianconero", Romagna Gazzette febbraio 2020 Sono lontani gli anni del mondo letterario che guardava con sospetto lo sport considerato prodotto di quarta serie, un po’ come venivano visti i gialli. Sono tanti infatti gli scrittori la cui penna ha intinto ispirazione nell’epopea della fatica e del bel gesto atletico, raccontato sotto forma di prosa o di poesia. Tra questi va annoverato il Premio Strega anno 2000, Ernesto Ferrero , autore dell’agile volumetto “ Amarcord bianconero ” (Einaudi). I colori sono quelli della Juventus, incontro per lui fatidico quasi dettato dal padre portiere nelle giovanili e dalla frequentazione del giovane Ernesto del celebre liceo D’Azeglio, istituto che ha visto nascere la squadra. L’utilizzo del nome “amarcord” di felliniana memoria rende bene l’idea dell’intensità delle pagine che corrono sul filo del passato quando il calcio anni 50’ e ’60 era soprattutto scritto e parlato, e proprio per questo ancora tanto immaginato. “