I milanesi perbene di Scerbanenco ammazzano il sabato
Dopo la rosticceria (vedi post precedente) avevo bisogno di tornare a gustare qualcosa di buono che mi riconciliasse con il gusto della lettura. Per le mani non poteva capitarmi di meglio se non Giorgio Scerbanenco con il classico “I milanesi ammazzano al sabato”.
Il contesto è la Milano abbietta dalla prostituzione, dei
pappa che non si fanno scrupoli nello sfruttare deboli di qualsivoglia
categoria, persino malati di mente pur di fare soldi. La città è il motore
dell’Italia del boom economico anni ’60. Scerbanenco scava laddove lo sfavillio
non c’è, nel punto ove il benessere arriva solo per lontani echi. “La civiltà di massa ha questo pregio, che ciascuno può
annegare liberamente senza che gli altri gli diano fastidio nel tentativo di salvarlo”.
È una città che lavora, sempre all’opera,
talmente indaffarata da regolare i conti personali con il malaffare il sabato
perché gli altri giorni non può permettersi di staccare dall’ufficio. Le brave
persone durante la settimana fanno il loro dovere con puntiglio, dal lunedì al
venerdì. La delinquenza non stacca mai: “è una forma di sordida e pericolosa
idiozia, nessuna persona, appena appena intelligente fa il ladro, il
rapinatore, l’assassino”. E questa non è una delinquenza come le altre: è la
più bastarda che ci sia, si nutre di poveri disgraziati e di disperati pur di
prendere il treno in corsa del benessere e dei soldi facili.
Dice il medico-poliziotto Duca Lamberti
che indaga: “Basta, basta, preferisco un franco, coraggioso rapinatore che
salta sul tavolone delle banche col mitra puntato, preferisco quelli che
assaltano i treni postali, gli scassinatori, i ladri di tabaccherie, ma non la
schifezza di questo mondo di sanguisughe sulla pelle di povere disgraziate”.
La Milano degli anni del Soprasso è stata
anche questa. Scerbanenco ce lo ricorda in maniera cruda ed efficace.
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