Post

Visualizzazione dei post da luglio, 2009

A DOMANDA NON RISPONDO

Immagine
Valerio Cleri vince la medaglia d’oro nella 25 chilometri di fondo di nuoto. Una gara massacrante, lunga oltre cinque ore in mezzo al mare. Cleri ha la rabbia addosso di un bronzo sfumato d’un soffio nella 10 chilometri. Arriva al traguardo stanco morto, gli si piazza davanti il solito cronista tv che non trova di meglio da chiedergli: “regaleresti un urlo di gioia ai telespettatori?”. Cleri garbatamente declina l’invito. Insistono con la richiesta di un sorriso per le telecamere. Il nuotatore risponde che preferisce sorridere dentro. Non sazi, la Mazzocchi-Band’s ci riprova un’altra volta. Stessa risposta. Forse avrebbe potuto rispondere con un “vaff…”; vista l’insistenza in tanti avrebbero compreso. Non l’ha fatto. “Dove sono finiti i giornalisti sportivi?” si chiedeva tempo fa Aldo Grasso. Eccoli, sono lì a bordo vasca a fare domande idiote a campioni di stile (libero e non solo).

DA ZIGONI A ZIGONI

Immagine
Genio e sregolatezza. Nome cognome: Gianfranco Zigoni. A Verona campeggiava uno striscione “DioZigo, pensaci tu”. Lui aveva risposto: “Io non credo in Dio è lui che deve credere in me”. Alcuni giorni fa Avvenire gli ha dedicato una bella intervista. Motivo: ancora oggi nel calcio c’è uno Zigoni che fa parlar di sé: suo figlio. Nel Milan più sparagnino della storia berlusconiana, Gianmarco (18 anni) è una delle speranze del calcio italiano. Il paradosso sta nella squadra dove giocherà, quei colori rossoneri a cui suo padre nel 1973 fece svanire il sogno scudetto. Era il 20 maggio il Milan di Rocco gioca a Verona: perde per 5-3, il titolo va alla Juve per un punto. “Alla fine, quel giorno ho pianto con tutti i ragazzi del Milan, perché non mi è mai piaciuto sparare sul cadavere…”, ha confessato Zigo. Una ferita ancora aperta che chiede al figlio di chiudere: “Gianmarco vinci lo scudetto, così estingui per sempre quel debito di tuo padre con il Milan”.

UN EROE BORGHESE

Immagine
Ieri sera La 7 ha mandato in onda il film di Michele Placido, “Un eroe borghese” (1995), dedicato alla figura di Giorgio Ambrosoli. Già l'aver scelto la prima serata per un film del genere è stato quasi un evento (della Rai non si hanno tracce: Rai 1 era occupata col Festival di Castrocaro!). Poi la data, trent'anni dalla morte dell'avvocato milanese (11 luglio 1979). Un pezzo di storia d'Italia. Meglio, di vergogna. Chiamato a liquidare le malefatte finanziarie di Michele Sindona, Ambrosoli non si lasciò intimidire da nessuno (governo compreso) tirando dritto per la sua strada, che coincideva con quella della giustizia. Al suo funerale nessuno del governo presenziò, solo esponenti della Banca d'Italia. Placido descrive bene la storia, ispirata dal libro di Corrado Stajano. Anche il governo, Andreotti in primis, ha avuto le sue colpe. Ecco, penso ad Andreotti che tutte le mattine va a messa e si inginocchia davanti al crocifisso e mi viene una gran voglia di ateismo

GENERAZIONE PRECARIA

Immagine
Se la televisione latita sul mondo reale – troppo pessimista e foriera di cattive notizie secondo il nostro primo ministro – a riportare un po’ luce sul mondo d’oggi ci pensa il cinema. Che da alcuni anni ha posto l’accento sul mondo del lavoro, e, più nello specifico, sul precariato. Per citarne un paio, Eugenio Cappuccio in “Volevo solo dormirle addosso” con Giorgio Pasotti, Paolo Virzì in “Tutta la vita davanti” con Sabrina Ferilli. Aggiungo “Generazione mille euro” di Massimo Venier. Qui l’argomento del lavoro viene trattato in maniera leggera, tanto è vero che la pellicola è stata catalogata tra le commedie. La problematica, però, è terribilmente attuale. Un laureato con dottorato, genietto in matematica, lavoratore precario con contratto di sei mesi nell’ufficio marketing di una grossa azienda. L’impossibilità di pianificare la vita, la strada sbarrata nell’università (avanza il nipote di un senatore). Cosa aggiungere? Nulla, se non farsi un sorrisetto per tirarsi su.

SEGRETI ITALIANI

Immagine
Davvero strana la sorte del romanzo spy italiano. Malgrado non sia mancata la materia in casa nostra – lunga la serie di attentati e presunti golpe senza colpevoli – solo negli anni ’80 il genere ha iniziato a prendere piede in Italia. Prima il monopolio era appannaggio di scrittori francesi e anglosassoni. Dico questo perché mi è capitato di leggere “L’inganno” (Tropea, 2003) di Andrea Santini. Ebbene, Santini è il primo scrittore italiano a comparire nella collana Mondadori “Segretissimo”, uno dei primi quindi a pubblicare spy story all’italiana. Il libro merita e dimostra che i nostri scrittori mistery non hanno nulla da invidiare a Le Carrè. La storia è ambientata in una Italia sconvolta dagli avvenimenti del G8 di Genova, tra neoterrorismo informatico e complotti di Stato, che investono anche le gerarchie ecclesiastiche. A indagare un poliziotto, Aldo Palmieri, dibattuto tra l’amore per il figlio e il dovere della divisa.

A FUROR DI DEBITO

Immagine
In campo è stato un campione di classe e allegria. Fuoriclasse lo è tuttora, malgrado pancetta, giacca e cravatta. Michel Platini, presidente dell’Uefa, per l’ennesima volta ha usato il tocco giusto di fronte al sistema calcio. Più che “sistema” bisognerebbe parlare di bancarotta e debiti (il tanto blasonato Manchester, modello europeo, ha 960,3 milioni di debiti). Sì, perché il calcio non solo è malato ma non riesce a trovare l’antidoto al suo male. “E’ qualcosa di anormale, che mi dà fastidio. Non capisco come si possano spendere 90 milioni per un giocatore”, ha detto Platini. Aggiungo: la cifra sale a 217 milioni con Kakà, Benzema, Albiol, Negredo. Lo stipendio di Cristiano Ronaldo è di 13 milioni netti di euro a stagione (Ibrahimovic ne becca 12, poverino, voleva anche andare via!). Sogno di leggere Real Madrid sconfitto dal Getafe, lo Sporting Gijon e il Real Valladolid (tutte e tre salve per un pelo). Poi tutti in pizzeria, tanto paga Florentino Perez.

MOGGI-ITALIA

Immagine
Nel caso Moggi-Bologna c’è un po’ di tutto del sistema Italia. La notizia data per sondare la reazione dei tifosi (e reazione è stata!), in attesa di smentita ufficiale (un certo premier insegna, sul dire e smentire); il ricorso a un personaggio quanto meno di dubbia fama morale (squalifica sportiva di cinque anni, imputato di frode sportiva a Napoli), che ha coniato un nuovo termine vocabolariesco, “sistema Moggi” e/o “moggiopoli”; il paradosso di una squadra, il Bologna, nell’era Gazzoni in prima linea sul fronte anti-Moggi, ambiguo nell’attuale gestione Menarini; la corte a un 72enne (gli auguri il 10 luglio) emblema della gerontocrazia del pallone (altro che nuove leve!). Insomma tutto l’armamentario raccontato da Tommasi di Lampedusa nel Gattopardo ha fatto bella mostra. Tutto si è poi sgonfiato come una bolla di sapone, l’amaro in bocca però rimane. Come le tasse: perché pagarle se tanto prima o poi un condono arriverà?