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Visualizzazione dei post con l'etichetta Interviste di Sport

Spimi, Vittorio

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"Perchè oggi non allena?", La Voce 20 settembre 2010 A Cesena, chi ha buona memoria, ricorda ancora le sue asfissianti marcature sui centravanti, e quella storica promozione in serie B, stagione 1967/68, che porta anche la sua firma. Ma è soprattutto nei sette anni a Bari che la sua carriera ha preso il volo: esordio in serie A, fascia di capitano e ancora oggi tra i primi dieci per numero di presenze con la maglia dei pugliesi. Non pago, smessi i calzoncini, ha deciso di indossare tuta e fischietto guidando quasi tutte le panchine della Romagna e dintorni. Vittorio Spimi, 67 anni all’anagrafe ben portati, più che vivere di ricordi, si sente come un professore messo forzatamente in pensione, desideroso di trasmettere il suo sapere ai giovani d’oggi. E soprattutto il suo bagaglio di esperienza al servizio di un mondo dirigenziale col quale ha avuto più d’un conflitto. Ci incontriamo in un bar a Rimini, e ne vien fuori una piacevole conversazione che scorre via tranquilla tra

Scala, Augusto

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L'anarchico del pallone”, La Voce di Romagna 19 luglio 2010   Augusto Scala sta al calcio italiano come Jean Marc Bosmann sta a quello europeo. Non sembri azzardato questo paragone. Prima di Scala il calciatore era una specie di pacco postale che le società potevano spedire a qualsiasi destinazione, senza il minimo consenso del giocatore. Finché un giorno il poco più che ventenne di San Piero in Bagno non esclamò un celebre “no” al suo Bologna: gli avevano promesso che sarebbe rimasto sotto le due Torri e invece lo avevano venduto sottobanco all'Avellino. Era il 1973, Scala viene messo fuori rosa, il mondo del pallone si mobilita in suo aiuto, arriva il primo sciopero dei calciatori. Risultato: l'Aic (Associazione calciatori) ottiene la firma contestuale (società-calciatori) per la cessione. Tutto questo grazie all'anarchico del pallone per antonomasia. Barba e capelli sempre lunghi, modello George Best, insofferente a ritiri e regole. Dalla sua aveva piedi vellutati

Pari, Fausto

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“Tutte le coppe di Birula”, La Voce di Romagna 21 settembre 2009 Da tempo abita in Emilia, Parma per la precisione, il suo Dna però è tutto romagnolo. Malgrado una recente enciclopedia promossa da un quotidiano locale non l’abbia inserito tra gli 82 sportivi di rilevo del nostro territorio, Fausto Pari rimane uno degli uomini di punta del calcio “made in Romagna”. C’era anche lui nella Sampdoria di “papà” Mantovani – tutti lo consideravano più un padre anziché un presidente – ultima provinciale a vincere uno scudetto (1990/91), con coppe e trofei mai più visti in quel di Genova. Difficile dimenticare quegli anni, impossibile scordare quei nomi che in maglia blucerchiata hanno fatto la storia del calcio: Vialli, Mancini, Pagliuca, Vierchowod, Mannini, Cerezo…e appunto anche il bellariese purosangue (vi è nato 47 anni fa). In pochi forse avrebbero scommesso su una carriera così brillante, soprattutto dopo che l’Inter lo girò al Parma in terza serie, in quegli anni lontano dai momenti

Conti, Paolo

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"Il gentleman che sbarra la porta”, La Voce 8 marzo 2010 Paolo Conti a tutt’oggi è il portiere della Romagna col maggior numero di presenze in maglia azzurra. Più di Kamikaze Ghezzi, più del recordman Sebastiano Rossi. Rispetto a entrambi, nelle squadre di club, ha vinto molto meno, “colpa” di una Roma dalle annate piuttosto magre e dalle rose da metà classifica. Bearzot l’aveva designato a erede di Zoff nella Nazionale, dopo l’opaca prova del friulano nel mundial argentino. Un infortunio al ginocchio ha spezzato il sogno di Conti, così come l’idillio in terra romana, costretto ad emigrare per altri lidi. Il ricordo che avevo del riccionese era quello delle figurine Panini: fisico asciutto, baffi in bella evidenza. Così era un tempo, così è rimasto oggi. Lo incontro nel suo ufficio a Riccione, sua terra natale. Si occupa di management nell’ambiente calcio. Tracce di pallone però non ne vedo: di coppe, gagliardetti e fotografie nessun segno. Parlata elegante, senza nessuna infles

Pecci, Eraldo

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  “Grande calcio giocato di testa”, La Voce di Romagna 5 ottobre 2009   ROMAGNA – Ha giocato con Savoldi e Bulgarelli, Pulici e Graziani, Antonioni e Bertoni, Giordano e Maradona. Basterebbe questo semplice elenco per sottolineare la carriera di Eraldo Pecci . Romagnolissimo nella parlata e nel DNA (è nato a San Giovanni in Marignano), così definito dal Dizionario del calcio italiano (Baldini & Castoldi) curato da Marco Sappino: “sul campo e nella vita, è il cervello il suo muscolo più sviluppato”. Gli leggo la frase, rimane un po’ stupito, e come al solito ci scherza su: “Si vede che quell’autore non mi ha conosciuto bene”. Sarà una delle tante battute, brillante modo di raccontare e sdrammatizzare il calcio, stile che lo ha reso celebre in tv al fianco di Bruno Pizzul. Quando ha capito che avrebbe fatto il calciatore? “Sin da piccolo. Già quando collezionavo figurine la mia mente volava verso i campi sportivi”. I primi calci al pallone? “A Cattolica con la maglia del S