Amarcord bianconero, Ferrero


"Amarcord Bianconero", Romagna Gazzette febbraio 2020

Sono lontani gli anni del mondo letterario che guardava con sospetto lo sport considerato prodotto di quarta serie, un po’ come venivano visti i gialli. Sono tanti infatti gli scrittori la cui penna ha intinto ispirazione nell’epopea della fatica e del bel gesto atletico, raccontato sotto forma di prosa o di poesia. Tra questi va annoverato il Premio Strega anno 2000, Ernesto Ferrero, autore dell’agile volumetto “Amarcord bianconero” (Einaudi).

I colori sono quelli della Juventus, incontro per lui fatidico quasi dettato dal padre portiere nelle giovanili e dalla frequentazione del giovane Ernesto del celebre liceo D’Azeglio, istituto che ha visto nascere la squadra. L’utilizzo del nome “amarcord” di felliniana memoria rende bene l’idea dell’intensità delle pagine che corrono sul filo del passato quando il calcio anni 50’ e ’60 era soprattutto scritto e parlato, e proprio per questo ancora tanto immaginato. “Era qualcosa che si avvicinava alla letteratura, restava una libera invenzione. L’immaginazione del tifoso/lettore/interprete vi aveva una parte preponderante e decisiva”. E non a caso Ferrero nel suo percorso amarcordiano chiama in causa personaggi come Soldati, Arpino, Brera, Soriano, Pasolini, Sereni sino a Dimitrijvic, ovvero coloro che hanno fatto del racconto scritto il loro marchio di fabbrica. Per poi intersecare un mito come Nicolò Carosio la cui voce ha dato epica a centinaia di partite.

In tutto questo percorso un ruolo chiave lo riveste la Juventus, la città monarchica per eccellenza che ai Savoia ha sostituito gli Agnelli, ed ha avuto quale basilica laica il Comunale. La squadra bianconera da sempre ha avuto un tratto cosmopolita, dice Ferrero, attestato dalla lunga lista di allenatori d’oltreconfine (Carver, Sarosi, Heriberto Herrera, Vycpalek, Brocic), e da quei 5 scudetti consecutivi conquistati grazie alla classe dei suoi oriundi. 

Dunque, una quadra crocevia di esperienze con il gran finale del libro riservato a tre totem rimasti nell’immaginario di tutti i tifosi con un pizzico di memoria storica: Boniperti, Sivori e Charles. Per la cronaca, insieme a loro c’era anche un sammaurese, Gino Stacchini. Giusto per ricordare un altro dei grandi che arrivava dalla provincia.


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