"Storie Mondiali", Buffa e Pizzigoni
"Il lungo racconto dei Mondiali", Romagna Gazzette giugno 2018
Alcune settimane fa ci ha lasciato Arrigo Petacco, uno
dei più grandi divulgatori di storia per il grande pubblico. Al di là di alcune
teorie un po’ bizzarre (vedi delitto Matteotti e la sua convinzione che Mussolini
non c’entrasse nulla), rimane la sua grande capacità di comunicatore a una
vasta platea su un argomento in genere ostico, come la storia. Petacco era uno
degli ultimi epigoni di giornalisti dediti al racconto storico che ha
annoverato personaggi di razza come Indro Montanelli, Enzo Biagi, Silvio
Bertoldi, Giorgio Bocca, Gian Franco Venè, solo per fare alcuni nomi.
Il nome
di Petacco mi è venuto in mente leggendo il bellissimo libro di Federico Buffa, scritto insieme a Carlo
Pizzigoni, “Storie Mondiali”. Siamo nel mese del Campionato del Mondo, e
questo è un libro che ognuno dovrebbe quanto meno sbirciare per capire un po’ del
percorso che c’è dietro a una delle manifestazioni sportive più seguite a
livello planetario. Quello che affascina del libro è la facilità della
narrazione che ti lascia incollato alla pagina, tra aneddoti e grandi squadre.
Secondo il critico televisivo Aldo Grasso, Buffa è uno dei migliori narratori del
grande schermo in circolazione. La televisione, appunto. Ma lo scritto in un
libro può avere lo stesso effetto? A leggere il “secolo di calcio in 10
avventure”, sottotitolo del volume, pare proprio di sì.
Così come Petacco e
tutta quella generazione di giornalisti hanno raccontato in maniera non
accademica la storia, lo stesso fanno Buffa-Pizzigoni offrendo un affresco del
XX secolo raccontato nel cono d’ombra del calcio. A partire dai Mondiale del
1950, quelli del miracolo Uruguay che vince in casa del Brasile cambiando un
finale già scritto, quelli della clamorosa sconfitta degli inglesi dai
dilettanti americani (Il Daily Express
pensando di avere avuto un abbaglio titola “Inghilterra 10 – Stati Uniti 1”). Il
percorso termina con Spagna 1982 che vedrà l’Italia trionfare in maniera incredibile.
A proposito di quell’evento, un appunto mi viene da fare agli autori.
Secondo loro
le due squadre più forti al mondo a non avere vinto un titolo Mondiale sono
l’Ungheria del ’54 e l’Olanda del ’74. Secondo me all’elenco manca il Brasile
’82, quello di Tele Santana, fortunatamente e miracolosamente sconfitto dai
nostri. È stato uno degli ultimi Brasile che giocava con la mentalità sudamericana,
oggi annacquata dallo stile europeo. Non mi stupirei se qualcuno proponesse il
5 luglio festa nazionale: quel giorno è avvenuto qualcosa che ha poco di
normale.
Filippo Fabbri
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