"L'ombra del campione", Crovi
"L’ombra del campione", Romagna Gazzette febbraio 2019
Difficile catalogare il romanzo di Luca Crovi, “L’ombra
del campione” (Rizzoli editore, 2018) sotto l’insegna del giallo. È vero, c’è
un commissario che indaga, e l’autore scomoda persino Carlo De Vincenzi, uno
dei primi questurini del poliziesco italiano, inventato in piena epoca fascista
dalla penna dello scrittore Augusto De Angelis (chi non lo conosce si legga i
suoi piacevoli romanzi, di recente sono stati tutti rieditati).
Ma un omicidio
vero e proprio non c’è, se non un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1928,
in quella che è stata definita la “strage in piazzale Giulio Cesare” a Milano. Re
Vittorio Emanuele III doveva inaugurare la fiera campionaria, una bomba scoppiò
lasciando sul campo più di un innocente. Siamo in epoca fascista, quella dell’ordine
e dei treni in orario, quella che non ammette oppositori, quella che guarda al
calcio quale strumento al servizio del regime.
E qui compare l’asso di quegli
anni, Giuseppe Meazza, che Crovi cala nelle nebbie di questo romanzo tutto
milanese. Per intenderci Peppin è
stato uno dei più grandi giocatori della storia del football mondiale, uno nel
clan dei calciatori subito dietro al duo Maradona-Pelè, secondo i più grandi
critici (Brera docet). Fisico gracilotto perché non mangiava tanto per la miseria,
il Milan lo scartò, l’Inter lo prese (un po’ il contrario dei fratelli Baresi).
Lanciato nel grande calcio dall’allenatore ebreo Arpard Weisz, quello che
morirà Auschwitz, si narra che quando l’allenatore lesse la formazione un
giocatore anziano dell’Internazionale disse: “Adesso andiamo a prendere i
giocatori perfino all’asilo. Lasciamo giocare pure i balilla!”. La risposta del
giocatore fu in campo con tre reti e l’appellativo di “Balilla” (giovane) che
lo contraddistinguerà negli anni a venire. In questa Milano che era poco da
bere e che sembrava ancora immersa in un clima di provincia, Meazza entra nel
romanzo di Crovi in quanto riceve strane lettere anonime, colorate di
nerazzurro. Per risolvere l’enigma si rivolge a De Vincenzi. Non a un
commissario qualsiasi ma al numero uno. E se due numeri uno si incontrano il
risultato non può che essere di primo livello.
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