"Calcio sopra le barricate", Caremani


"Il calcio barricadiero", Romagna Gazzette settembre 2018

Il ’68 nel calcio, quello della “fantasia al potere”, non è nato Italia. Neanche nella patria del pallone, l’Inghilterra, e neppure in Germania o in Spagna. E’ nato in un posto che non ha conosciuto rivolte studentesche e neppure quelle operaie: l’Olanda. È un luogo dove si “insegnano un mondo e una morale incomprensibili agli altri”, ha scritto Mario Sconcerti. Un mondo passato alla storia come “calcio totale”. Una incredibile generazione di talenti uniti da un’idea nuova. Una rivoluzione culturale che non mieterà successi, se non di club (Ajax), ma cambierà per sempre il volto al gioco. E mentre gli olandesi erano in preda alla loro sconvolgente scoperta, cosa facevamo noi italiani in quei convulsi anni? Vincevamo gli Europei. Il nostro 68 è stato questo. Una vittoria, l’unica in questa competizione, incredibilmente passata nel dimenticatoio, annichilita da una storica partita come Italia Germania 4-3 due anni dopo. 

Stranezze dello sport, che racconta Francesco Caremani nel “Calcio sopra le barricate” (Bradipolibri, 2017). Sono due gli aspetti interessanti del libro. Prima di tutto, la già accennata sottovalutazione della vittoria. I protagonisti di quella doppia partita all’Olimpico contro la forte Jugoslavia, rimarcano questo aspetto. Anastasi, Guarnieri, Domenghini, intervistati dall’autore, tutti dicono la stessa cosa. L’ex Inter Guarnieri addirittura si dichiara “incazzato con chi preferisce ricordare Italia-Germania, piuttosto che la vittoria agli Europei”.

Poi c’è il secondo aspetto: il distacco politica-pallone, in quegli anni. Mario Capanna, uno dei protagonisti di quella stagione, dice candidamente che “non mi accorsi che c’erano gli Europei di calcio”. Lo stesso afferma Giampiero Mughini, un altro agitatore del periodo: “negli ambienti giovanili della contestazione di sinistra era abbastanza diffusa la convinzione che lo sport fosse una questione, non dico appannaggio della destra, ma qualcosa di non molto buono”. A confermare la lontananza tra ciò che avveniva nelle università e nelle fabbriche, e il mondo del calcio, sono gli stessi calciatori, nelle interviste a Gianni Rivera, Paolo Sollier e Gianfranco Zigoni. In realtà il mondo del calcio non sarà sordo del tutto. Quell’anno infatti nascerà il sindacato calciatori in segno di sussidiarietà nei confronti di chi giocava in B e in C. Un granello nel mare magnum delle barricate del tempo.

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