"Se non c'ero io", Biscardi


"Il Biscardismo", Romagna Gazzette ottobre 2018

Se è vero che la Scienza in Cucina dell’Artusi ha fatto di più dei Promessi sposi per l’unità d’Italia, sosteneva Piero Camporesi, ancora da studiare è l’influsso del biscardismo sulla lingua italiana. Neppure gli Accademici della Crusca riuscirebbero a dare una risposta definitiva in merito. Indicativa sì, risolutiva no. Troppo devastante è stato l’impatto di quella chioma rossastra, che ha trasferito la chiacchiera da Bar Sport nel domicilio dei tifosi. 

Biscardi è stato come quei filmetti con Alvaro Vitali ed Edwige Fenech, sbertucciati dalla critica, ma amati da milioni di spettatori, che li hanno assurti a romanzo di formazione. Una coscia, una tetta, una battuta volgare attirano: il Processo ha portato la pornografia del linguaggio dentro il pallone. Tra i suoi cult la celebrità rimane questa: “la sequenza filmata della pornostar che si è esibita nuda allo stadio di Piacenza non è pronta. Gli operatori la stanno ancora montando”. Mica detto con malizia, tutt’altro, con la solita classica naturalezza. Come le donne che sono state al suo fianco, una diversa in ogni stagione, di bella presenza, ma mai volgari, perché “la mia valletta non fa mai vedere pezzi di tette”. Cosa che i suoi cloni senza brevetto sono arrivati a fare, a ‘Diretta Gol’, capitanati da quell’Elio Corno e Tiziano Crudeli.

Da Bruno Roghi a Gianni Brera: storia del giornalismo sportivo”, uscito all’inizio degli anni ’70, lo ha scritto lui, su richiesta dello scrittore Gianni Rodari. Lì verbi, congiuntivi, analisi logica e grammaticale, erano filati lisci come l’olio, pronti a essere calpestati con gli interessi nei decenni successivi dalla sua bocca. Tante le definizioni affibbiate all’inventore dello sgub: “Genio del mediocre” (Roberto Beccantini), “Specchio più sincero del calcio italiano” (Aldo Grasso), “Brera dei nostri tempi di analfabetismo televisivo” (Curzio Maltese), “Da Dante Alighieri ad Aldo Biscardi è il più grande work in regress che la storia dell’umanità abbia mai conosciuto” (Giancarlo Dotto). Biscardi, malgrado quanto abbiano detto i suoi detrattori, un pregio l’ha sempre avuto: l’autoironia, il non prendersi troppo sul serio. 

Nel suo libro “Se non c’ero io” (Mondadori) non ha omesso nulla sul suo conto, nel bene e nel male. Solo una simpatica storiella non viene menzionata. Un giornalista incontra un amico e gli annuncia che dirigerà un nuovo giornale, L’Eco di Roccacannuccia. “Come scrittore di costume avrò Biagi”. “Enzo?” “No Matteo, il figlio della mia portinaia. Invece per gli editoriali politici mi sono assicurato Montanelli”. “Indro?” “No, Giacomo, fa il barbiere ma ha l’hobby della scrittura e parla sempre di politica. Penso anche a una terza pagina con Fallaci”. “Oriana?” “No, Concettina, una che ha letto molti libri. Poi per lo sport ho già il sì di Biscardi”. “Aldo?”. “Sì, proprio lui”.

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