Abatino


Da giovani ingenui pensavamo che si trattasse di un (piccino) allievo di Sant’Antonio Abate, eremita in qualche sperduto posto della terra. E invece, altro che luogo sperduto, l’abatino se ne stava nei moderni templi del Novecento, a calciar palloni, disegnando parabole ad effetto e tocchi di genio. Amato dalle folle, ma inviso al patriarca del giornalismo sportivo, Gianni Brera, che ne rimarcava l’inadeguatezza della razza italiota al gioco da esteti. Siamo inferiori di fisico?, e allora adeguiamoci al difensivismo opportunista, sosteneva Giuan. Catenacci e contropiedi a go-go, per classe e tecnica meglio rivolgersi altrove. E chi era stato folgorato da una madre natura che gli aveva offerto un paio di piedi buoni e il velluto nelle idee, beh, erano cavoli suoi, aveva semplicemente sbagliato paese. L’altro Gianni d’Italia, Rivera, ne ha saputo qualcosa, sempre ferocemente criticato dal Giuan padano. Troppo lezioso, troppo poco avvezzo al sudore, in una parola… abatino. Un commedia umana, quella tra i due, che sarebbe piaciuta a Balzac, trasformatasi invece in pirandelliano gioco delle parti. (La Voce di Romagna, 19 ottobre 2011)

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