La Terrazza


Il bello di rivedere film che hanno fatto la storia del cinema, a distanza di anni, è il “qualcosa” che ancora oggi sanno trasmetterci. Mi è capitato con La Terrazza di Scola del 1980, visto ieri su Amazon Prime. È una pellicola celebre che racconta, in cinque episodi concatenati, la crisi di identità e di futuro di altrettante persone (tutti maschi
) alle prese con il tempo che passa. 

C’è lo sceneggiatore in crisi di ispirazione che va in preda all’esaurimento nervoso (Trintignant); c’è il giornalista senza stimoli soppiantato da nuove leve in ascesa e in crisi coniugale per una moglie indipendente (Mastroianni); c’è un intellettuale che nella tv di Stato vede avanzare il vuoto di idee e il clientelismo senza che abbia un minimo moto d’orgoglio e di ribellione (Reggiani); c’è il produttore avanti con gli anni che si accorge della distanza di età dalla moglie giovane e in carriera (Tognazzi); c’è il comunista messo da parte dal partito che si infatua di una giovane con relativo senso di colpa morale (Gassman).

È la nostalgia del bel tempo vissuto quello che accomuna i cinque personaggi, alle prese con un mondo agli albori degli anni ’80, che si sta lasciando alle spalle gli ideali dell’impegno e della militanza, trofei da esporre nella decade precedente. Per certi aspetti il film ricalca il “C’eravamo tanto amati” dello stesso regista, ancora una volta con il “bel passato” ricco di aspettative, poi tradite, a fare da filo conduttore. L'unica differenza sta nella prospettiva: in C'eravamo tanto amati era il noi il segno del fallimento, ne La Terrazza è l'io dei personaggi.

È un tratto del cinema di Scola, che a leggerlo a quarant’anni di distanza ci interroga sull’oggi. Viviamo un’epoca di mutamenti repentini, con la rivoluzione digitale che ha cambiato profondamente le nostre vite. Il rischio è quello di fare come quei cinque personaggi, specchiarsi nel passato, esternando sentenze di biasimo soprattutto sulle nuove generazioni. C’è solo un piccolo dettaglio da non trascurare: piaccia o meno, la storia va avanti anche senza di noi. Il rifiuto fine a sé stesso non porta a nulla. La Terrazza ce lo ricorda con la leggerezza della narrazione.

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