Macchiavelli sempre il numero 1
Il bello dell’estate è avere un po’ di tempo libero per coltivare le proprie passioni. E prendere in mano libri nel cassetto dei desiderata frustrati dal “vorrei ma non riesco”. Uno degli autori in questa personale categoria è Loriano Macchiavelli, il padre del poliziesco italiano, di cui ho letto tantissimo, salvo poi abbandonarlo circa una decina di anni fa. Non certo per disaffezione ma per distrazione.
Dopo avere letto in questi giorni “Coscienza sporca”
(Mondadori, 1995) devo dire di avere fatto male ad essere stato così svagato
sullo scrittore bolognese. Perché ancora una volta ti mette davanti pagine di
puro piacere della lettura, arricchite da quell’ingrediente in più costituito
dalla Bologna che ho vissuto negli anni dell’università. Il romanzo ridà vita
al celebre Sarti Antonio (il cognome sempre prima del nome), ucciso con
pentimento dall’autore in anni precedenti. Ed è una fortuna che la letteratura abbia
la fortuna della resurrezione perché con la morte definitiva ci saremmo persi
un ennesimo capitolo di storia bolognese. Perché ancora una volta è la città
felsinea al centro delle vicende, con quella “coscienza sporca” che la
attraversa tra portici e viali. Una città che viaggi ad altezza uomo, lontana
dagli orizzonti grandeur anni ’60, colpita ma non affondata dalla bomba alla
stazione, per essere ancora una volta ferita dalle trame delittuose della Uno
bianca.
Scrive Macchiavelli: “La città è concepita e costruita in
modo da costringere lo sguardo ad altezza d’uomo, per obbligare a ‘vedere’ solo
ciò che è permesso: una lunga, interminabile sfilata di portici con i suoi
pilastri o colonne; una teoria infinita di chiaroscuri che escono da antichi
androni”.
In questi chiaroscuri si muove la vicenda narrata, che si
fa torbida per l’omicidio di un docente universitario al centro di oscuri
traffici. Il personaggio è legato sentimentalmente a una ragazza dalla famiglia
illustre, dunque una morte eccellente, che coinvolge in maniera diretta l’anarco-collaboratore
di Sarti, Rosas, protagonista della storia al pari del questurino. Sarti ancora
una volta si presenta per quello che è: un non eroe in perenne conflitto con i
superiori, con doti investigative tutt’altro da Maigret, sorretto da un cuore e
un’onestà che fanno luce nel cupo che lo avvolge. Insomma un perdente che si
intende con la sua altra metà, Rosas, personaggio che a suo modo e con regole
proprie combatte il capitalismo liberista unico vincitore nella guerra dei
mondi.
La storia finisce per svilupparsi anche all’estero, ed è
la prima volta che Sarti va oltre l’Italia. Perché come si sa, il marcio così
come i soldi non hanno confini.
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