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Si chiamava “Era 77”. Si chiamava perché ora non c’è più. Era l’associazione di Astutillo Malgioglio, personaggio ricordato per il nome di battesimo un po’ un strampalato, dalla carriera calcistica non stellare ma neanche da buttare. Malgioglio fece parlare di sé perché fu tra i primi a coniugare l’impegno sportivo con l’azione sociale. “Era 77” aiutava i bambini distrofici. Oggi non c’è più perché i soldi sono finiti, la salute di Malgioglio non è più quella di un tempo e il calcio dimentica in fretta chi esce dai binari del binomio “successo-veline”. Se avesse fatto il commentatore tv o l’allenatore oggi sarebbe ancora sulla cresta dell’onda. Ha scelto un’altra strada. Più silenziosa. Dopo una burrascosa parentesi negli anni ’80 con la Lazio (i tifosi non gli avevano perdonato l’aver giocato nella Roma), aveva deciso di smettere. Lo chiamò il Trap all’Inter. Vinse lo scudetto del record, vice di Zenga. Una bella soddisfazione.

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