Tra ecumenismo e sorelle


Con le parole o con i piedi non fa differenza: i giudizi non sono mai monchi, lasciati a metà. Marco Materazzi è sempre stato così. Rissaiolo in campo, attaccato alla maglia come pochi, al limite del ridicolo per i segni sulle braccia. Protagonista del mondiale in Germania (suo il gol del pareggio, sua la testata ricevuta), quello in Sudafrica lo snobberà impegnato in un tour in camper negli States. È fatto così, perché stupirsi. Anche se la sua tenerezza sfocia nel goffo, quando esterna la sindrome del “voler bene”: su Mourinho ha detto “gli voglio bene, e detto da uno che con lui non gioca mai, vale doppio” (Repubblica 04.01.2010); su Balotelli: “Mario è ancora un bambinone, lo posso capire io che ho dei figli e capisco certi comportamenti a volte un po’ strambi…Gli voglio bene anche per questo” (idem). Ma proprio a tutti non vuole bene visto che a Blatter non darebbe la mano. A chi dobbiamo credere: al Materazzi ecumenico di oggi o a quello impertinente che apostrofa la sorella di Zidane?

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