Da Sivori a Cristiano Ronaldo, com’è cambiato il calcio
“Da Sivori a Cristiano Ronaldo, com’è cambiato il calcio”, Corriere Romagna 5 gennaio 2021
San Mauro Pascoli – 85 anni dalla nascita, 15 dalla morte. Il giocatore è uno dei giocatori più forti della storia del calcio: Omar Sivori. Compagno per 8 stagioni di Gino Stacchini alla Juventus (dal 1957 al 1965), il sammaurese l’ha ricordato scrivendo la postafazione del libro di Andrea Bosco “Omar Sivori, l’angelo dalla faccia sporca” (Minerva editore). Tre gli scudetti vinti insieme con la maglia bianconera, “nessuno era in grado di fare con la palla ciò che riusciva Sivori”, scrive Gino. L’intervista è anche l’occasione per raccontare come è cambiato il calcio d’oggi e lo stato di salute di quello romagnolo.
Gino, Bosco nel libro scrive che lei era uno dei
pupilli di Sivori. Conferma?
“Sotto il profilo calcistico sì. Lui amava giocare palla
bassa, esaltava la tecnica, come attaccante gli piacevano le alchimie. Sivori
non amava la palla alta, anche per via dei suoi centimetri. Io ero uno di
quelli che riusciva a realizzare i suoi desideri, nello scambio e negli inserimenti.”
Un aneddoto tra voi due.
“Ricordo un Inter-Juve. Siamo sotto di 2 reti, con uno
scatto d’orgoglio pareggiamo e mio è il gol del 2-2. Poi il nostro portiere
rilancia, prendo palla e in palleggio arrivo nei pressi dell’area, il pubblico
applaude. Sivori ingelosito mi si avvicina e chiama la palla, per un minuto ce
la siamo scambiata senza che i nerazzurri la toccassero”.
È vero che la formazione la facevano Sivori e
Boniperti?
Erano i due capi occulti. A turno avevano ascendenza a
seconda dell’allenatore che c’era. Per dire, con Cesarini era Sivori a dettare
il canovaccio del gioco, con Monzeglio era Boniperti. E’ un po’ oggi quello che
avviene con Cristiano Ronaldo: se vuole qualcun in campo dubito che Pirlo non
lo ascolti”.
Sivori è il più grande giocatore con cui ha giocato?
Per tecnica, estro e fantasia certamente. Come
realizzatore e potenza dico Charles. Come movimento e sacrificio, Del Sol. Ogni
calciatore ha una sua specificità in campo e per questo deve essere valutato”.
Il giocatore più forte che ha incontrato?
“Non ho dubbi: Di Stefano, incontrato con Real Madrid e
nazionale. Era già moderno allora, un giocatore squadra che sapeva fare tutto,
destro e sinistro uguali, movimenti giusti, fisicità. Per me è stato più forte
di Pelè”.
Anno 1958 Sivori viene a San Mauro con la Juventus.
Era parte del mio passaggio alla squadra bianconera. Adesso
ai calciatori vanno milioni di euro, allora si metteva a contratto
un’amichevole tra la Juve e una rappresentativa romagnola giocata a Rimini.
L’arrivo della Juventus a San Mauro fu un evento storico. Ricordo la cena
all’allora casa del fascio, un tifoso interista lanciò un brindisi: “tifosi
juventini si nasce”. Il cibo non era tanto in quel periodo, una bella mangiata
valeva il cambio di casacca”.
“Sivori è stata l’ultima grande barriera di un calcio
estroso”, ha scritto.
È vero. Dopo di lui il calcio è cambiato. Al fuoriclasse
che scartava avversari è subentrato il gioco corale di squadra: ale che
diventano tornanti, terzini che fluidificano e così via. Un mutamento di pelle
la cui parola d’ordine oggi è equilibrio. Peccato solo di una cosa:
l’equilibrio lo rompe chi ha tecnica e classe, e giocatori così non ci sono
più”.
Meglio oggi o allora?
Non voglio passare per nostalgico, però dico allora.
L’estro, la fantasia, la classe venivano premiati in campo e dal pubblico. Oggi
si applaude una chiusura e un fuorigioco ben fatto. Suvvia…”.
Come vede il calcio romagnolo d’oggi?
Segue l’andamento generale: se hai due lire fai una squadra
discreta, sennò soffri. È sempre più difficile trovare persone disposte a
spendere e a farlo bene. Mai mi sarei aspettato un Cesena in serie D e due
fallimenti nel Rimini in pochi anni. Prendiamo la serie D: oggi c’è una
mentalità quasi da professionisti. Come possono piccole società stare al passo
a questi livelli?”.
In chiusura?
Chiudo con una metafora: il problema non è Cristiano Ronaldo
che prende milioni di euro, ma tanti semplici mediani che ne prendono pochi di
meno”.
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