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Visualizzazione dei post con l'etichetta Libri di Sport

“Il resto della settimana”, De Giovanni

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“La Napoli del calcio”, Romagna Gazzette novembre 2018 Per capire cosa rappresenti il calcio per Napoli ci sono due modi. Avere la fortuna di avere un amico tifoso che ti accompagni al San Paolo (si può andare anche da soli, ma non è la stessa cosa). E se questa fortuna non è di tutti, passare al piano B: leggere il libro di Maurizio De Giovanni “ Il resto della settimana ” (Rizzoli). Uno dirà che sto esagerando. E invece proprio no, non la sto sparando grossa. Lo dico per esperienza personale, ritrovatomi nei distinti del San Paolo abbracciato da uno sconosciuto che stava piangendo per il secondo gol del Napoli al Cesena. Per la cronaca la squadra era in serie B, gli spettatori erano oltre 40 mila!  Andare nella città partenopea è immergersi in un mondo speciale dove c’è poco da stupirsi nel vedere le immagini di San Gennaro al fianco di Lui (attenzione a nominarlo) nelle case di tutti. Un mondo che racconta il bellissimo libro scritto da uno dei giallisti più celebri d’I

"Se non c'ero io", Biscardi

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"Il Biscardismo", Romagna Gazzette ottobre 2018 Se è vero che la Scienza in Cucina dell’Artusi ha fatto di più dei Promessi sposi per l’unità d’Italia, sosteneva Piero Camporesi, ancora da studiare è l’influsso del biscardismo sulla lingua italiana. Neppure gli Accademici della Crusca riuscirebbero a dare una risposta definitiva in merito. Indicativa sì, risolutiva no. Troppo devastante è stato l’impatto di quella chioma rossastra, che ha trasferito la chiacchiera da Bar Sport nel domicilio dei tifosi.  Biscardi è stato come quei filmetti con Alvaro Vitali ed Edwige Fenech, sbertucciati dalla critica, ma amati da milioni di spettatori, che li hanno assurti a romanzo di formazione. Una coscia, una tetta, una battuta volgare attirano: il Processo ha portato la pornografia del linguaggio dentro il pallone. Tra i suoi cult la celebrità rimane questa: “la sequenza filmata della pornostar che si è esibita nuda allo stadio di Piacenza non è pronta. Gli operatori la stan

"Calcio sopra le barricate", Caremani

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"Il calcio barricadiero", Romagna Gazzette settembre 2018 Il ’68 nel calcio, quello della “fantasia al potere”, non è nato Italia. Neanche nella patria del pallone, l’Inghilterra, e neppure in Germania o in Spagna. E’ nato in un posto che non ha conosciuto rivolte studentesche e neppure quelle operaie: l’Olanda. È un luogo dove si “insegnano un mondo e una morale incomprensibili agli altri”, ha scritto Mario Sconcerti. Un mondo passato alla storia come “calcio totale”. Una incredibile generazione di talenti uniti da un’idea nuova. Una rivoluzione culturale che non mieterà successi, se non di club (Ajax), ma cambierà per sempre il volto al gioco. E mentre gli olandesi erano in preda alla loro sconvolgente scoperta, cosa facevamo noi italiani in quei convulsi anni? Vincevamo gli Europei. Il nostro 68 è stato questo. Una vittoria, l’unica in questa competizione, incredibilmente passata nel dimenticatoio, annichilita da una storica partita come Italia Germania 4-3 due ann

"Cesenatico. Processo al calcio", Musi

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“Il Processo al calcio a Cesenatico”, Romagna Gazzette luglio 2018 Scrivi processo al calcio e subito pensi ad Aldo Biscardi. Sì, quello degli “sgub” e della moviola in campo (profeta della Var), quello che “fa errori di grammatica anche quando pensa” (parola di Beppe Grillo, quando ancora era un comico), quello del “non parlate in più di tre o quattro per volta che sennò non si capisce niente” (Biscardi docet). Il Processo in realtà ha avuto un altro inventore, addirittura un romagnolo purosangue: il Conte Alberto Rognoni. Siamo nella metà degli anni Sessanta, Cesenatico era la meta estiva del Conte, il suo capanno sul porto era qualcosa di più di un semplice luogo dove pescare. Qui, nella ridente città del grattacielo prende corpo l’idea di un Processo, con accusa e difesa che si confrontano, e una giuria a sentenziare.  Sono gli anni della Perry Mason mania, e infatti l’evento estivo mutua lo stile del grande avvocato americano. Sin qui di originale sembra esserci poco. E

"Storie Mondiali", Buffa e Pizzigoni

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"Il lungo racconto dei Mondiali", Romagna Gazzette giugno 2018 Alcune settimane fa ci ha lasciato Arrigo Petacco, uno dei più grandi divulgatori di storia per il grande pubblico. Al di là di alcune teorie un po’ bizzarre (vedi delitto Matteotti e la sua convinzione che Mussolini non c’entrasse nulla), rimane la sua grande capacità di comunicatore a una vasta platea su un argomento in genere ostico, come la storia. Petacco era uno degli ultimi epigoni di giornalisti dediti al racconto storico che ha annoverato personaggi di razza come Indro Montanelli, Enzo Biagi, Silvio Bertoldi, Giorgio Bocca, Gian Franco Venè, solo per fare alcuni nomi.  Il nome di Petacco mi è venuto in mente leggendo il bellissimo libro di Federico Buffa , scritto insieme a Carlo Pizzigoni , “ Storie Mondiali ”. Siamo nel mese del Campionato del Mondo, e questo è un libro che ognuno dovrebbe quanto meno sbirciare per capire un po’ del percorso che c’è dietro a una delle manifestazioni sportiv

“Donne, wodka e gulag”, Marco Iaria

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"Streltsov, il Majakóvskij del pallone", Romagna Gazzette, Aprile 2018 Impossibile anche solo immaginare, la fantasia al potere in un regime che aveva fatto della burocrazia e dell’assenza di libertà il suo tratto dominante. Tanto più in un gioco ove l’individuo era considerato parte di un ingranaggio collettivo, specchio della superiorità di un modello ideologico. Il calcio nella Russia sovietica è stato soprattutto questo: non un divertimento, ma un mezzo per la costruzione del socialismo. Il giocatore, un soldato irreggimentato al servizio della causa. Guai a uscire da questi rigidi schemi, farsi avanguardia di creatività.  Ne ha saputo qualcosa Eduard Streltsov , il Majakóvskij del pallone della metà degli anni ’50, caduto nelle terribili grinfie del Pcus. Chi sfoglia una qualsiasi antologia russa con i campioni del pallone, non troverà il suo nome. Vedrà quelli del celebre Jascin, dell’attaccante Blokhin, di Streltsov nessuna traccia. Perché nel bel mezzo del

Dallo scudetto ad Auschwitz

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" Dallo scudetto ad Auschwitz", Romagna Gazzette Marzo 2018 Due cose stupiscono della vicenda di Arpad Weisz . La prima: il repentino passaggio dalle stelle del successo calcistico all’inferno di un campo di concentramento ad Auschwitz, quattro anni in tutto. Secondo: l’oblio sul suo nome. Malgrado tre scudetti con due squadre diverse (Inter e Bologna), allenatore più giovane a vincere il titolo italiano, il suo nome è finito pressoché nel dimenticatoio. “Mi sembra si chiamasse Weisz, era molto bravo ma anche ebreo e chi sa come è finito”, scrisse Enzo Biagi, ammettendo di non sapere che fine avesse fatto uno degli allenatori di punta del calcio italiano anni Trenta. A riportarlo d’attualità ci ha pensato il giornalista Matteo Marani autore di un volume di successo, “ Dallo scudetto ad Auschwitz”, dove ha seguito passo dopo passo l’incredibile vicenda di colui che lanciò nel grande calcio il giovanissimo Meazza. Due le ragioni che hanno portato Marani sulle

Il riscatto

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Riscatto sportivo, Romagna Gazzette, febbraio 2018 Corre in bicicletta lungo due strade parallele, “ Il Riscatto ”, il libro scritto da Alfredo Sebastiani (Incontropiede editore, euro 16.50). C’è la strada della legalità, del sudore, del sacrificio, dell’amore e degli affetti. E c’è quella delle pistole, della forza, delle scommesse, del risultato costi quel che costi. Sono mondi lontani, che non conoscono mediazione e compromesso, troppa è la distanza. L’autore del romanzo li fa incrociare, un po’ come le convergenze parallele della Prima repubblica. Il risultato è una corsa ciclistica dall’esito incerto sino all’ultimo pendio, il cui valore simbolico conta molto di più del trofeo in palio, quello del Vesuvio a Napoli. Per gli amanti della narrativa sportiva merita di essere letto il romanzo di Sebastiani, storia di un ciclista amatoriale, Franz Di Giacomo, freddo altoatesino catapultato nel vorticoso e poco fluido mondo delle scommesse (a sua insaputa). Un tema caldo e di

Il caso Pantani

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Pubblicato su Romagna Gazzette, Dicembre 2017 Raccontava Davide Cassani come ancora oggi il nome di Pantani riservi emozioni e talvolta lacrime al solo nominarlo per la sua vicenda umana e sportiva. Una storia che inquieta e subito fa pensare alla fugacità della vita, al suo strano girotondo di alti e bassi nel giro di così pochi anni. Nel caso del ciclista di Cesenatico, appena sei: dalle vette conquistate a Giro e Tour (1998), agli abissi della solitudine nel 2004. Tante sono le pubblicazioni sul Pirata, dalle strettamente sportive e memorialistiche, alle cronachistiche e giudiziarie, da riempire un intero scaffale di biblioteca, in genere pressoché sgombro alla voce “sport”.  La babele si aggiunge di un ulteriore volume, “ Il caso Pantani. Doveva morire ” (Chiarelettere, 2017), scritto dal criminologo Luca Steffenoni. Il libro non dà risposte ma pone interrogativi (tanti) ripercorrendo un percorso di vita contrassegnato da salite, discese e cadute, così come i capitoli d

Il romanzo del Vecio

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Pubblicato su Romagnagazzette, Ottobre 2017 A 90 anni dalla nascita, giusto per non rendere la ricorrenza una scatola vuota, è consigliabile ripercorrere la vita in contropiede di uno degli allenatori il cui indice di gradimento ha conosciuto gli sbalzi da montagne russe col maggior grado di pendenza: Enzo Bearzot . Per farlo è utile rileggersi il libro intervista di Gigi Garanzini , “ Il romanzo del Vecio ”, pubblicato in diverse edizioni, tra le ultime in economica da Baldini e Castoldi. Già l’introduzione è maiuscola, firmata da Indro Montanelli negli inediti panni di cronista prestato allo sport. Che al solito non le manda a dire, tanto da scrivere: “l’Italia ha avuto due soli, veri commissari tecnici: Vittorio Pozzo ed Enzo Bearzot”. Una frecciata neanche tanto velata ad Arrigo Sacchi, colui che volle più di tutti cambiare mentalità e Dna del difensivismo italico. Ma al di là dell’Indro nazionale, è il personaggio Bearzot quello che lascia il segno, in un racconto che allo

Sognando Paolo Rossi

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Pubblicato su Romagna Gazzette, settembre 2017 Ci sono date e momenti che rimangono scolpiti nelle parti più intime di noi. Sono parte del nostro essere, tanto quanto il nostro Dna. In molti casi coincidono con eventi epocali sportivi. Riti di condivisione di massa, molto spesso anche solo strettamente personali come ha raccontato Nick Hornby nel celebre “Febbre 90”. Un momento certamente di condivisione collettiva è stato il mondiale del 1982. Quello del Paolo Rossi che all’inizio non ne faceva una buona neanche con la benedizione congiunta di Papa-Buddha-Maometto, quello che improvvisamente trasformava in oro (cioè gol) tutto ciò che toccava. Racconta bene cosa è stato quel Mondiale lo scrittore Maurizio Malavasi nel romanzo “ Sognando Paolo Rossi ” (Ultra editore). Un racconto ben fatto che si legge tutto d’un fiato, immersione nel clima di euforia di un avvenimento destinato a passare alla storia. Tutti ricordano dove erano il 5 luglio di quell’anno, quando Paolo Ro

Il calcio totale di Sacchi

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Romagna Gazzette, luglio 2017 Su Arrigo Sacchi, il più grande rivoluzionario della storia del calcio italiano, si è scritto di tutto di più. Probabilmente poco si è scandagliato sulla sua romagnolità. O meglio, sul nesso tra la sua idea di gioco e la terra dove è nato, cresciuto e tuttora vive. Una mano in questa direzione ce la dà la sua autobiografia raccontata insieme a Guido Conti , “ Calcio totale ”, uscita da Mondadori due anni fa, ripubblicata da poco in versione economica negli Oscar. Sacchi dice di essere “nato con una doppia anima, una lombarda e una romagnola. Quella lombarda mi viene da mio padre, con il senso del lavorare duro, del sacrificio, dell’impegno e della perfezione per ottenere risultati. L’anima romagnola, sognatrice ed energica, viene da mia madre Lucia, e affonda le radici nella terra”. E’ evidente che il calcio del tecnico di Fusignano si è più nutrito di organizzazione e metodo, anziché di sogno, tant’è che in un altro passaggio del libro scrive che

Verona campione: ma davvero?

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Romagna Gazzette, giugno 2017 Ci sono fatti che ancora oggi non si spiega come siano potuti accadere. Ufo sbarcati sulla terra che non si capisce la loro provenienza né il loro sistema solare. L’unica certezza è il luogo di atterraggio della navicella e il periodo della loro permanenza, lunga il sogno di una stagione. L’astronave è il Verona calcio, l’aeroporto lo stadio Bentegodi, l’anno di grazia il campionato 1984-85. “Signori, vi rendete conto che questo Verona può vincere il campionato?”, chiedeva ai lettori Candido Cannavò a metà stagione sulla Gazzetta dello Sport. Ma no, dai è una burla, una Candid camera scanzonata, uno Scherzi a parte ante litteram. Possibile che una squadra costruita con parte degli scarti di altri possa vincere quello che in quegli anni era il campionato più bello del mondo? E invece è avvenuto proprio così, sembra strano “ Ma è successo davvero ”, come titola il volume di Furio Zara edito da Ultra sport. La data dell’incoronazione è il 12 maggio 198

La rivoluzione di Cruyff

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Romagna Gazzette, Aprile 2017 C’è chi la rivoluzione l’ha fatta in campo, palla al piede, idee al seguito. E chi seduto su una panchina, lavagna d’ordinanza, filosofia di collettivo. Poche volte la stessa persona è riuscita a fare entrambe le cose. Prendiamo Maradona e Pelè: fenomeni in campo, ma solo lì. Prendiamo Sacchi: rivoluzionario sì come mister, ma più che un calciatore è stato un calzolaio (Fusignano un tempo eccelleva in questo). Oppure prendiamo Beckenbauer, grande in campo e vincitore in panchina, però tutt’altro che rivoluzionario, anzi persino conservatore a guardar la pochezza di gioco della sua Germania vincitrice al Mondiale del ’90. Uno dei pochissimi innovatori in tutto è stato Johan Cruyff, “l’unico che rimanendo borghese ha fatto la rivoluzione due volte, in campo e in panchina, come calciatore e come tecnico, con i piedi e con la testa” (Federico Buffa e Carlo Pizzigoni). È passato un anno dalla sua scomparsa, le sue idee sono rimaste, così come la sua vi

Il calcio alla sbarra di Beha

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E se Oliviero Beha avesse ragione? Se fosse vero che il fil rouge che ha accompagnato il calcio in questi decenni è stato il malcostume, il voler arrangiarsi a tutti i costi, alla faccia dello sport inteso come semplice “gioco”? Se tutto ciò fosse vero ci sarebbe da preoccuparsi. Perché il pallone non sarebbe altro che una messa in scena teatrale, con attori farlocchi e regole violate, al solo scopo di tenere occupate masse altrimenti arrabbiate. Calcio come valvola di sfogo, “formidabile arma di distrazione di massa”. Come suo solito, non usa mezzi termini Oliviero Beha nel suo “Il calcio alla sbarra” (Bur, 2011, pp. 710, euro 11,90), volume che prosegue il lavoro iniziato cinque anni fa con “L’indagine sul calcio”. Altro che De Coubertin col suo “l’importante non è vincere ma partecipare”, qua pare che tutti vogliano soltanto il successo, costi quel che costi. Un esempio? Prendiamo lo scandalo del calcio scommesse del 1980. Giocatori dai grandi nomi vengono accusati di truccare le p