Post

Tanti dubbi sul docufilm di Mauro

Immagine
Ho visto il docufilm di Ezio Mauro , La dannazione della sinistra-Cronache di una scissione , e devo dire di essere alquanto perplesso. Bene il materiale d’archivio e la narrazione nei luoghi dell’evento. Quello che difetta sono le voci interpellate: i politici. Passi Massimo D’Alema politico di lungo corso del Pci, Luciana Castellina ed Emanuele Macaluso autorevoli comunisti del tempo, e Achille Occhetto ultimo segretario. Ma gli altri cosa centrano? La presenza di Vendola pare quasi fantozziana, quella di Bertinotti fa ancora più sorridere vedendo i danni che ha fatto a sinistra. E ancora Martelli, Intini, Bersani: mi chiedo il senso di tutto questo. Capisco la difficoltà nel raccontare un fatto storico epocale in assenza dei protagonisti viventi, ma l’avere inserito chi la politica l’ha fatta in tempi totalmente diversi è come se la Rivoluzione francese la facessimo commentare a Macron o gli Uffizi a Renzi (ops…). Quello che manca nella narrazione di Mauro sono le voci degli s

Se il calcio è un giallo

Immagine
Se metti insieme due sottogeneri la somma dà un genere unico? In matematica sì, in letteratura la questione è più complessa. Molto più complessa. Soprattutto se i generi in questione un tempo erano di “bassa fascia” mentre oggi sono saliti di rango. Per farla breve, parlo del giallo/poliziesco e del calcio. Fino agli anni ’70 erano considerati di serie B, un po’ per lo snobismo generale di quegli anni nei quali tutto era politica, un po’ perché richiamavano masse di persone e come si sa il mondo intellettuale ha sempre guardato con sospetto la cultura dei grandi numeri, manco fossimo sempre a un supermercato. Due esempi: Scerbanenco non era certo in testa nelle letture dei critici letterari del tempo fino a quando non lo sdoganò Oreste del Buono; La Repubblica quando uscì verso la metà degli anni ’70 non contemplava le pagine dello sport. Questo per dire di una quarantina di anni fa, quando le cose andavano così. Oggi il panorama è completamente mutato tanto che non ci si stupisce n

Da Sivori a Cristiano Ronaldo, com’è cambiato il calcio

Immagine
“ Da Sivori a Cristiano Ronaldo, com’è cambiato il calcio”, Corriere Romagna 5 gennaio 2021   San Mauro Pascoli – 85 anni dalla nascita, 15 dalla morte. Il giocatore è uno dei giocatori più forti della storia del calcio: Omar Sivori. Compagno per 8 stagioni di Gino Stacchini alla Juventus (dal 1957 al 1965), il sammaurese l’ha ricordato scrivendo la postafazione del libro di Andrea Bosco “ Omar Sivori, l’angelo dalla faccia sporca ” (Minerva editore). Tre gli scudetti vinti insieme con la maglia bianconera, “nessuno era in grado di fare con la palla ciò che riusciva Sivori”, scrive Gino. L’intervista è anche l’occasione per raccontare come è cambiato il calcio d’oggi e lo stato di salute di quello romagnolo. Gino, Bosco nel libro scrive che lei era uno dei pupilli di Sivori. Conferma? “Sotto il profilo calcistico sì. Lui amava giocare palla bassa, esaltava la tecnica, come attaccante gli piacevano le alchimie. Sivori non amava la palla alta, anche per via dei suoi centimetri. Io

Pari, Fausto

Immagine
“Tutte le coppe di Birula”, La Voce di Romagna 21 settembre 2009 Da tempo abita in Emilia, Parma per la precisione, il suo Dna però è tutto romagnolo. Malgrado una recente enciclopedia promossa da un quotidiano locale non l’abbia inserito tra gli 82 sportivi di rilevo del nostro territorio, Fausto Pari rimane uno degli uomini di punta del calcio “made in Romagna”. C’era anche lui nella Sampdoria di “papà” Mantovani – tutti lo consideravano più un padre anziché un presidente – ultima provinciale a vincere uno scudetto (1990/91), con coppe e trofei mai più visti in quel di Genova. Difficile dimenticare quegli anni, impossibile scordare quei nomi che in maglia blucerchiata hanno fatto la storia del calcio: Vialli, Mancini, Pagliuca, Vierchowod, Mannini, Cerezo…e appunto anche il bellariese purosangue (vi è nato 47 anni fa). In pochi forse avrebbero scommesso su una carriera così brillante, soprattutto dopo che l’Inter lo girò al Parma in terza serie, in quegli anni lontano dai momenti

Che bello Bordelli

Immagine
Confesso di avere un debole per Franco Bordelli, il commissario nato dalla penna di Marco Vichi. La scintilla è scoccata sin dal primo romanzo, “ Il commissario Bordelli ”, letto casualmente una quindicina d’anni fa. Da allora non ho fatto altro che proseguire di volume in volume senza una logica apparente. L’ultimo è di queste festività natalizie, “ L’anno dei misteri ”, letto in ebook e ambientato nel 1969. In un genere poliziesco contrassegnato dall’ hard boiled , fatto di duri e violenza spesso tendente al pulp, Vichi ha scelto la strada più soft, giocando sulla psicologia del protagonista nel contesto di una Firenze anni ’60 tra ricostruzione, proteste giovanili ed eventi cronaca (l’esondazione dell’Arno la più eclatante). Bordelli è un personaggio della strada che fa una chiara scelta a favore degli svantaggiati. Per amici ha una ex prostituta sua confidente e suo rifugio, senza rapporti intimi. Un ex scassinatore (Ennio) a cui chiede favori per indagini di polizia. Un genial

Un’ultima stagione da esordienti, Cavina

Immagine
Ho riletto con molto piacere il libro di Cristiano Cavina , “ Un’ultima stagione da esordienti ” (Marcos Y Marcos). In un momento come questo penso sia un toccasana per chi ama il calcio. Al di là degli interessi economici che muove, il calcio è soprattutto partecipazione condivisa, un’emozione che oggi pare venire a meno (almeno per me) per la desolazione degli stadi vuoti unita al quotidiano degli obitori pieni. La storia raccontata da Cavina è come un ritorno alle origini del pallone. Ai campetti fai da te, alle storie di paese con personaggi caratteristici che affollavano lo stadio nel fine settimana. La partita del sabato era un rito collettivo che univa la comunità, anche se in campo scendevano dei ragazzini. I tremila abitanti di Casola Valsenio vedevano nelle sorti della squadra un momento di identificazione di gruppo in paesi dove ci si conosceva tutti e le alternative erano poche. Nell’Italia della boria degli anni ’80 del terziario avanzato, c’erano ancora queste sacche di

L’ultimo rigore di Faruk, Riva

Immagine
L’ultimo rigore della Jugoslavia, Romagna Gazzette dicembre 2020  Racconta l’autore che incontrando per caso su un aereo Diego Maradona e avvicinato per una intervista, il calciatore gli rispose: “Occupati di politica internazionale, il calcio è una cosa troppo seria”. Fortuna ha voluto che Gigi Riva - non “rombo di tuono” ma il giornalista adottato da Santarcangelo di Romagna - abbia disatteso il consiglio del campione e scritto un libro che non solo merita di essere letto ma di finire bene in vista nella propria libreria personale. “ L’ultimo rigore di Faruk ” (Sellerio editore) è decisamente un volume da annoverare tra i più belli degli ultimi tempi, un po’ perché è scritto come un romanzo, un po’ perché mette insieme due tematiche affrontate sì da tanti ma da un’angolazione diversa: calcio e geopolitica. In genere quando i due temi vengono affiancati si parla di dittature, di regimi dispotici che utilizzano lo sport quale leva di propaganda, dai regimi fascisti primi a farlo,

Giovanissimi, Forgione

Immagine
Sono pochi gli squarci di luce nel mare in tempesta dipinto da Alessio Forgione nel romanzo “ Giovanissimi ” (Enne Enne editore, 2020). L’età dei 14 anni è un viatico per tutti, un crocevia che può prendere le direzioni più diverse: autostrade piane come un tavolo da bigliardo per traguardi di sicuro avvenire, o asfalti irti di buche come il caso della storia al centro del racconto. Si svolge in un quartiere di Napoli, Soccavo, protagonista è Marocco (è il suo soprannome, Pane lo chiamano solo gli insegnanti a scuola), uno che col pallone ci sa fare, coinvolto però in un gioco più grande di lui: le difficoltà della vita. Che nel suo caso hanno il volto della madre che a un certo punto se ne va di casa dopo l’ennesimo litigio col padre e non dà più riferimenti all’adolescente. È l’inizio di un tunnel che si fa sempre più buio: la scuola frequentata come se non ci fosse, il rapporto col babbo fatto di silenzi e risolto in schiaffoni, il gruppo di amici che a volte degenera nell’illegali

Tutte le strade portano a Genova, Di Tillo

Immagine
 "Omicidi nella Geova calcistica", Romagna Gazzette novembre 2020  Tre persone uccise da un'unica mano che lascia un segno inconfondibile, un orsacchiotto con indosso la maglia di alcune squadre di calcio: Genoa e Sampdoria, in perfetta par condicio , nel caso di due donne ucraine; la più sconosciuta dell’Odessa nel cadavere trovato in Ucraina. Non è un romanzo sul calcio, quello di Marco Di Tillo “ Tutte le strade portano a Genova ” (Fratelli Frilli editori), il pallone però lo interseca in diverse occasioni. Sarà perché il cuore del racconto è in quella Genova dai vicoli stretti, crocevia di culture e di merci con il suo porto che fece transitare i primi immigrati del pallone ben oltre un secolo fa.  Una città dal doppio volto, intrisa dalla rivalità eterna tra due squadre dal ricco passato, già al centro di un romanzo diversi anni fa con Claudio Paglieri (“ Domenica nera ”) che ben prima delle inchieste svelò il vaso di pandora di calciopoli. In quell’occasione a inda

Conti, Paolo

Immagine
"Il gentleman che sbarra la porta”, La Voce 8 marzo 2010 Paolo Conti a tutt’oggi è il portiere della Romagna col maggior numero di presenze in maglia azzurra. Più di Kamikaze Ghezzi, più del recordman Sebastiano Rossi. Rispetto a entrambi, nelle squadre di club, ha vinto molto meno, “colpa” di una Roma dalle annate piuttosto magre e dalle rose da metà classifica. Bearzot l’aveva designato a erede di Zoff nella Nazionale, dopo l’opaca prova del friulano nel mundial argentino. Un infortunio al ginocchio ha spezzato il sogno di Conti, così come l’idillio in terra romana, costretto ad emigrare per altri lidi. Il ricordo che avevo del riccionese era quello delle figurine Panini: fisico asciutto, baffi in bella evidenza. Così era un tempo, così è rimasto oggi. Lo incontro nel suo ufficio a Riccione, sua terra natale. Si occupa di management nell’ambiente calcio. Tracce di pallone però non ne vedo: di coppe, gagliardetti e fotografie nessun segno. Parlata elegante, senza nessuna infles

Gioco pericoloso, Genisi

Immagine
“Gioco pericoloso”, Romagna Gazzette ottobre 2020  Città che vai, miti che trovi. A Napoli guai a toccare la triade Maradona-San Gennaro-squadra di calcio. A Bari due totem su tre hanno il comune denominatore (calcio e santo), l’unica variabile è la terza di carattere gastronomico: San Nicola-cozze crude-squadra di calcio. Il mondo in cui viviamo sarà pur sempre più tecnologico e virtuale, eppure tradizioni e storia non si cancellano con un click e per fortuna rimangono punti fermi per le generazioni che si succedono. Sono i “punti cardinali” che racconta Gabriella Genisi nel romanzo “ Gioco Pericoloso ” edito da Feltrinelli. Protagonista è il commissario Lolita Lobosco, una donna che piace per le forme generose (viene paragonata alla Ferilli) insieme a tanto sale in zucca, tanto da doversi districare su un terreno a lei poco congeniale: il calcio. Tutto nasce dalla morte a bordo campo di Domenico Scatucci, capitano del Bari, apparentemente dovuta a cause naturali. Il successivo d

Pecci, Eraldo

Immagine
  “Grande calcio giocato di testa”, La Voce di Romagna 5 ottobre 2009   ROMAGNA – Ha giocato con Savoldi e Bulgarelli, Pulici e Graziani, Antonioni e Bertoni, Giordano e Maradona. Basterebbe questo semplice elenco per sottolineare la carriera di Eraldo Pecci . Romagnolissimo nella parlata e nel DNA (è nato a San Giovanni in Marignano), così definito dal Dizionario del calcio italiano (Baldini & Castoldi) curato da Marco Sappino: “sul campo e nella vita, è il cervello il suo muscolo più sviluppato”. Gli leggo la frase, rimane un po’ stupito, e come al solito ci scherza su: “Si vede che quell’autore non mi ha conosciuto bene”. Sarà una delle tante battute, brillante modo di raccontare e sdrammatizzare il calcio, stile che lo ha reso celebre in tv al fianco di Bruno Pizzul. Quando ha capito che avrebbe fatto il calciatore? “Sin da piccolo. Già quando collezionavo figurine la mia mente volava verso i campi sportivi”. I primi calci al pallone? “A Cattolica con la maglia del S

Miss Marx

Immagine
Merita di essere visto Miss Marx per la regia di Susanna Nicchiarelli, presentato all’ultimo Festival del cinema di Venezia. In sala all’Uci eravamo solo in 7, ma questo conta poco ai fini della qualità della pellicola. Conta più constatare come Karl Marx finito nel dimenticatoio, travolto nel fallimento dei regimi comunisti, stia riscuotendo un certo interesse nel cinema, come nel caso de “Il giovane Marx” uscito nel 2017. A cui si aggiunge il capitolo dedicato alla figlia Eleanor. La bellezza della pellicola sta nel miscelare sapientemente l’aspetto pubblico di Tussy (il suo appellativo) insieme a quello privato. Terza figlia dell’economista, a dispetto delle altre sorelle, porta avanti le battaglie socialiste del padre in una Inghilterra nel pieno della crescita industriale con relative ingiustizie sociali. Curiosa e appassionata, fece parlare un suo viaggio negli Stati Uniti a cui seguì un pamphlet sulla condizione degli operai. Di Eleanor si ricordano in particolare le campagne

Non c'è gusto, Mura

Immagine
  " In ricordo di Gianni Mura ", Romagna Gazzette settembre 2020 Si è spesso detto che non c’è gusto a essere intelligenti in Italia. Oppure che non c’è gusto a giocare contro una squadra di brocchi. Ma se davanti hai una persona intelligente e per di più anche fuoriclasse il gusto c’è tutto ed è anche stellato. Gianni Mura è stato entrambe le cose, personaggio snob con la volontà di essere popolare (la frase è di Mario Sconcerti). La penna sportiva di Repubblica , che ha vergato pagine di calcio e ciclismo ci ha lasciati nel marzo scorso, noi lo ricordiamo con un libro che raccoglie l’altra sua grande passione: la cucina.  Detto per inciso, la cucina per come la intendeva lui era tutt’altro che qualcosa di adatto agli stili di vita degli sportivi, basti pensare alle sue passioni, salumi, formaggi, uova, pane bianco e vino, insomma prodotti non proprio wellness. D’altronde è sempre stato in buona compagnia, un altro grande come Gianni Brera, suo maestro, aveva il mito delle p

I milanesi perbene di Scerbanenco ammazzano il sabato

Immagine
Dopo la rosticceria ( vedi post precedente ) avevo bisogno di tornare a gustare qualcosa di buono che mi riconciliasse con il gusto della lettura. Per le mani non poteva capitarmi di meglio se non Giorgio Scerbanenco con il classico “ I milanesi ammazzano al sabato ”. Il contesto è la Milano abbietta dalla prostituzione, dei pappa che non si fanno scrupoli nello sfruttare deboli di qualsivoglia categoria, persino malati di mente pur di fare soldi. La città è il motore dell’Italia del boom economico anni ’60. Scerbanenco scava laddove lo sfavillio non c’è, nel punto ove il benessere arriva solo per lontani echi. “La civiltà di massa ha questo pregio, che ciascuno può annegare liberamente senza che gli altri gli diano fastidio nel tentativo di salvarlo”. È una città che lavora, sempre all’opera, talmente indaffarata da regolare i conti personali con il malaffare il sabato perché gli altri giorni non può permettersi di staccare dall’ufficio. Le brave persone durante la settimana fanno